La strada verso la felicità

    La strada verso la felicità

    Il mio nome è Claudia, classe 1973 (o meglio Claudia B, come mi chiamano all’ospedale). La mia storia comincia qui, ad inizio gennaio, in un letto d’ospedale del reparto Covid, attaccata all’ossigeno già da qualche giorno. La situazione è critica; tutti lo sanno tranne me: i dottori mi hanno solo detto che c’è qualcosa che non va nei miei esami del sangue e che devo essere visitata da un ematologo a breve. Sono abbastanza tranquilla… Nella mia ignoranza o speranza penso possa trattarsi di diabete o colesterolo. Nei giorni successivi alla mia domanda se l’ematologo è venuto, mi viene risposto che è passato e ha visto i miei esami, ma non mi ha potuto visitare, perché sono in un reparto Covid.

    Non demordo e chiedo cosa ha detto dei miei esami ed ecco la risposta che nessuno vorrebbe mai sentirsi dire: “Lei ha la leucemia e farà la chemioterapia” E ancora: “Oh, vedo che le ho dato una brutta notizia,vuole un calmante?” Con un filo di voce e le lacrime agli occhi: “No dottoressa, mi lasci sola” In un attimo ho sentito il mondo crollarmi addosso, con tutto il suo peso, mille pensieri affollarmi la mente, all’improvviso un’amarezza infinita mi ha travolto e tanta incredulità. Com’era possibile? Fino a pochi giorni prima del ricovero avevo fatto i miei km con la bici da corsa (come sempre). Com’era possibile che avessi una malattia così brutta e non me ne fossi mai accorta?

    Sono qui, sola, nel mio letto d’ospedale, lacrime amare mi segnano le guance poi un pensiero: “e mio figlio? Lo avranno detto a mio figlio, di soli 15 anni e mezzo? Lo saprà già?” Mando un messaggio a mio marito, non ho la forza di parlargli, poche parole scritte sul cellulare: “Ho la leucemia” Mi telefona: “Non sanno ancora esattamente che cos’hai, devono farti ulteriori accertamenti e decidere la cura. Da queste malattie oggi si può anche guarire” Questa frase è stata come un raggio di sole nel bel mezzo di una tempesta. Ma ora come prima cosa dovevo sconfiggere il Covid. Il virus mi ha lasciata dopo 10 giorni di ospedale, finalmente 2 tamponi negativi! Non avevo più bisogno dell’ossigeno per respirare, potevo uscire dall’ospedale, tornare a casa, rivedere i miei familiari ero felice!

    Ma era proprio in quel momento che sarebbe cominciata la mia grande salita la più dura di tutte. Inizia il via vai dall’ospedale 2 o 3 giorni ogni settimana, per mesi: esami del sangue, visite, gastroscopie, biopsie, Tac, Pet. Poi giunge il momento della verità: la visita nella quale mi verrà svelato il mio destino. Mi vesto di rosso dalla testa ai piedi, per scaramanzia, anche la mia borsa è rossa ma purtroppo tutto questo non basta è ufficiale: ho un “linfoma mantellare B, non Hodgkin” tante parole strane ed incomprensibili che significano semplicemente un tumore al sangue. La chemioterapia da fare è molto pesante: mi parlano di 5 cicli di 3 giorni consecutivi di circa 5 ore l’uno e di 5 cicli di 2 ore, per un totale di 6 – 8 mesi. Ascolto, senza fiatare. Terminata la chemioterapia, mi faranno anche l’autotrapianto del mio sangue, con un ricovero ospedaliero di circa un mese. Gli effetti collaterali della chemio sono importanti

    Giunta in auto, crollo in un pianto disperato, pochi minuti di smarrimento, ma intensi. Poi finalmente reagisco e mi dico: “Pensavo di dover affrontare in bici il Mortirolo invece affronterò l’Alpe d’Huez (salita del Tour de France molto dura) Lo farò almeno 4 volte consecutive ma arriverò in cima!” Ora, incredibile ma vero, sono io che devo tirare su di morale chi mi circonda. Chi piange, chi mi dice: “Non ti rendi conto, è molto dura, forse non ce la farai, conosco gente che a metà della cura voleva abbandonare, a causa dei forti effetti collaterali” Io: “Adesso basta! io ce la voglio fare! Se volete piangere va bene, ma non fatelo davanti a me. E non voglio più sentire nessuno che mi dica che non ce la farò”. È questa la mia sfida, io e questo brutto mostro, che mi ha imprigionata, non mi può avere, io sono più forte di lui. E lo farò fuggire, spaventato.

     Lui (il mostro) è proprio subdolo. Colpisce una persona su 25.000 e di solito si tratta di uomini di circa 60/65 anni di età. La domanda è: Che c’entro io?  Io che sono donna e ho solo 48 anni. Forse ne devo essere onorata, visto che su 25.000 persone ha scelto me. Devo proprio essergli piaciuta molto a questo linfoma! E mi viene quasi da ridere: LE MIE SOLITE FORTUNE! Non so proprio da dove venga tutta questa forza, so solo che è qui con me che mi aiuta e mi sostiene nel mio lungo viaggio, che chiamerò: “ROAD TO HAPPINESS” .Il morale è alto, ogni tanto faccio qualche dolce: mi rilassa e mi rallegra (mi piace di più farli che mangiarli) e mi dico: “Perderò i capelli, beh, risparmierò i soldi dal parrucchiere! Potrei perdere anche i peli delle gambe, questa è un’ottima notizia! Niente più estetista per mesi! Tutto sommato qualche lato positivo c’è!”

     Poi si comincia con la chemio: primo ciclo Chiop di 2 ore. Nessun problema durante il ciclo, ma dopo qualche giorno una forte dissenteria mi stravolge la vita. Non contano né le pastiglie di imodium, né il riso in bianco disperata, mi consiglio con la mia dottoressa, che mi prescrive un antibiotico specifico per la dissenteria e dopo qualche giorno torno alla normalità. Ma il peggio deve ancora venire. Neanche due settimane e mezzo dopo, la prima perdita di capelli, all’inizio una decina, poi qualche ciocca. E infine sempre di più. Il cuscino pieno ad ogni risveglio al mattino, quando li lavavo era un dramma: un’infinità di capelli nella vasca e sul pavimento. Mi sedevo a guardarli rattristata, senza muovere un dito. Mi mancavano le forze e di nuovo mille pensieri nella testa: “Perché? Perché proprio a me? Perché devo vivere questa umiliazione????

     Quante volte avevo visto donne calve o con capelli molto radi, nella sala d’aspetto del padiglione 8, dell’ematologia e quante volte avevo pensato: “Tra poco tocca a me” E qualche lacrima era scesa, semi-nascosta sotto alla mascherina. Ma un conto è pensare di vivere un problema che ti affligge e un conto è viverlo davvero. Alla caduta della mia frangia, è cominciata la profonda crisi, un pianto di circa mezz’ora, non ero più io! Poi finalmente ci si rialza in piedi e si va avanti. Mi dico: “Ho una parrucca bellissima, di capelli naturali, molto più bella dei miei capelli. È ora di indossarla! Vorrà dire che prima di uscire di casa, oltre a mettermi le scarpe, mi dovrò ricordare di mettere anche i capelli e che sarà mai!.”

    Arriva il giorno del primo ciclo Daox (la domanda è: ma chi li inventa questi nomi????) Sono lì alle 7.45 del mattino al day hospital, ci chiamano ad uno ad uno, ognuno in una stanzetta, separata dagli altri. Si comincia la chemio, questa è quella pesante ed arriva la prima amara sorpresa: la terapia non dura 5 ore, bensì 8, 8 lunghe ore per 3 giorni consecutivi. E questo è niente. Nelle altre stanze succede qualcosa, gli infermieri corrono dai corridoi, arrivano i dottori, 3 pazienti sono svenuti e li portano via, non finiranno il loro ciclo Daox di questa settimana, dovranno ripeterlo più avanti.

    Io sono lì sola, in mezzo a questo caos, che non vedo, ma posso solo immaginare e penso: “Buon inizio! Speriamo non succeda a me” Ma sono solo al primo giorno e non so cosa mi aspetterà. Fantastico con la mente, penso ad altro, ad essere al mare, o in altri bei posti e questo mi aiuta a superare i 3 giorni. Ma non mi salvo dagli effetti collaterali. Tremo, le mani mi formicolano e devo tenere i guanti di lana perfino in casa, poi arriva la nausea e una colica. I giorni successivi di nuovo dissenteria. Riesco a mangiare solo riso in bianco e bere tè, mi sento un cinese! In una settimana perdo 2 kg, mi dicono che è normale e non c’è da preoccuparsi. Ora capisco: perdere i capelli non è grave, ti trasforma, ti imbruttisce, ma almeno quelli cadono, senza fare male. Il dolore fisico è cento volte peggio. Scrivo digitalmente pensieri su foto che mi ispirano (di solito su albe o tramonti), parlo col “mio demone”, dandogli del “tu”, gli dico che lo distruggerò, che ha sbagliato persona e se ne pentirà. I dottori mi informano che dobbiamo sospendere la Chiop (perché non ha dato buoni risultati, ma solo problemi) e dobbiamo andare avanti solo coi cicli di Daox ,i più pesanti. Il mio pensiero: “Cavolo! Ma sono sempre più fortunata!” Chiaramente è un pensiero ironico, la notizia non mi piace, ma non posso rifiutarmi.

    Arriva il momento del secondo ciclo Daox di 3 giorni consecutivi (8 ore ogni giorno), più un giorno di Retuxivall (è un anticorpo): una chemio che dovrebbe durare 4 ore, ma siccome al peggio non c’è mai fine, io riesco a stare nel day hospital quasi 9 ore, anche quel giorno lì, ormai mi sono affezionata! Non voglio più andare via!. Mi sospendono la chemio per due volte, ho la febbre e tremo come una foglia (sono gli effetti collaterali dell’anticorpo, mi danno del cortisone e mi tengono sotto osservazione); in un’altra stanza va molto peggio, una signora non riesce a respirare, chiamano i dottori d’urgenza, gli infermieri accorrono. La salvano. Io sono sulla mia brandina, sempre sola, sento tutto, evado con la mente, per non impazzire. Dopo le 9 ore mi dicono che sono riusciti ad iniettarmi abbastanza anticorpo, quindi il mio ciclo è terminato bene. Altri 2 o 3 pazienti hanno dovuto sospenderlo e dovranno rifarlo più avanti. Il giorno dopo, ciclo Daox: una signora comincia ad urlare, urla disperate di dolore. Arriva il dottore, le dà un farmaco e la signora comincia a stare meglio (io sono sempre lì, spero finisca presto la giornata e spero di non avere gli stessi problemi).

    Chi pensa che la Daox sia pesante per il fatto di fare 3 giorni consecutivi di 8 ore ciascuna si sbaglia di grosso. È soprattutto pesante a livello psicologico: si è soli nella propria stanzetta, dove senti le urla delle altre persone vicino a te, non le vedi ma immagini quello che succede e preghi di non essere il prossimo ad urlare o svenire. E così il mio secondo ciclo Daox di 3 giorni finisce. Si inizia ad andare tutte le settimane al “Centro trasfusionale” (la chemio fa calare i globuli bianchi, ma abbassa anche i valori dell’emocromo e dell’emoglobina), dove mi fanno altri esami del sangue e dopo circa un’ora la dottoressa può decidere se farmi una trasfusione, oppure no.Alle parole: “Anche oggi, no trasfusione” Mi sento rinascere , fuori può piovere, essere freddo, ma io sono super felice e quella è sempre la giornata più bella della mia vita! Ma adesso arriva un’altra amara sorpresa. Nuova visita dai miei dottori: stavolta mi chiamano subito, prima degli esami del sangue (questo mi sembra tanto strano…) e in breve, arrivano le parole della dottoressa, come una doccia  ghiacciata sulla mia pelle: “Neanche la chemio Daox ha funzionato, dobbiamo passare ad un’altra cura Non parlo…ma mi domando: “Perché non ha funzionato nemmeno questa?” E ancora: “E adesso che faccio? Piango?” Ma non è il momento di piangere, c’è una nuova cura da fare? Ok la faccio! Sono nel posto più attrezzato e con le migliori competenze al mondo, per questo tipo di malattie, sono nel posto giusto, devo avere fiducia ed andare avanti! E distruggerò questo dannato mostro! Ha vinto il primo round, quel bastardo! Ma io sono più forte di lui e lo capirà, scapperà via.

     Anche l’allenatore di calcio del Bologna è stato qui, ha avuto una malattia molto simile alla mia e ce l’ha fatta, è il mio idolo! Ce la farò anch’io! Sono più forte di lui, sono una ciclista, e questo è il mio Alpe d’Huez, arriverò in cima! Ho perso i miei capelli e parte della mia femminilità MA NON LA MIA FORZA. Con questo spirito, rifaccio Tac, Pet, controllo cardiologico e si parte con la nuova cura: 4 capsule di Ibrutinib tutti i giorni (oltre alle altre medicine che devo prendere). Sto meglio, questo farmaco non mi dà particolari problemi. Riprendo il mio peso e ricomincio a vivere, con un po’ più di normalità. La mia “Road to happiness” è appena cominciata la strada è ancora lunga, ma per adesso i risultati sono buoni.

    Ci vogliono ancora due mesi per capire se è la cura giusta, che riesca a mantenere i miei valori entro i limiti, ma sono fiduciosa. Sono arrivata fino a qui e se al termine dei due mesi dovrò provare un’altra cura, lo farò e ne uscirò vincitrice! Quando ci si trova ad affrontare certe brutte esperienze, spesso ci si rafforza, nonostante i nostri familiari ci stiano vicino, in diverse occasioni ci si trova soli: si è soli in quelle piccole stanzette, a fare la chemio, si è soli al centro trasfusionale, in attesa di conoscere il proprio destino. SOLI, è come essere in un mare in tempesta e si deve scegliere: o nuotare e mettercela tutta o affogare. Io ho scelto di vivere! DEDICO QUESTO MIO PENSIERO A TUTTI COLORO CHE SI TROVANO, O SI TROVERANNO IN UNA SITUAZIONE SIMILARE: Non abbiate paura, finché non vi diranno che non c’è più niente da fare, lottate! E cercate sempre il lato positivo di ogni cosa. La tempesta non può essere infinita, prima o poi il sole torna sempre a confortarci. Se ci crediamo, siamo tutti THE BEST e affronteremo la nostra ROAD TO HAPPINESS. Arriveremo in cima alla nostra salita più dura. E credetemi, alla fine di tutto non avremo più paura di niente.

     Claudia

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