La storia di Giovanna

    La storia di Giovanna

    Il mio nome è Giovanna, sono stata paziente per più di 10 anni. Durante questo periodo ho lavorato sodo, mi sono disperata e nonostante tutto ho gioito della vita.

    Nel 1989 mi hanno diagnosticato all’Ospedale di Careggi di Firenze un linfoma di Hodgkin, ho fatto radioterapia fino a raggiungere la remissione completa. Dopo quasi sei anni ho avuto una ricaduta. In quel periodo vivevo in Olanda con colui che sarebbe divenuto mio marito. Ho fatto 8 cicli di chemioterapia Mopp/abv e ho raggiunto di nuovo la remissione completa, ma la possibilità di poter avere bambini era sparita con la chemioterapia.
    Alla fine del 1998 ci siamo trasferiti a Firenze, ma tornavo in Olanda per i controlli. All’inizio del 1999 i valori del mio sangue mostravano un inizio di anemia. A luglio ho fatto una valutazione del midollo osso, e si è evidenziata una mielodisplasia secondaria, tipo RAEB.
    Quando mi hanno diagnosticato la mielodisplasia secondaria mi hanno prognosticato sei mesi di vita. Questa volta pensavo di andarmene. Sono tornata in Italia distrutta, incredula.

    Inizialmente mi sentivo in colpa per aver fallito di nuovo. Non riuscivo a tirarmi fuori dalla malattia.
    Mi dispiaceva tanto per la mia famiglia. Avevano combattuto con me tutti questi anni avendo a che fare con il dolore, la disperazione e anche molte cose pratiche.
    In realtà cadevo nella percentuale di persone che sviluppano un tumore secondario dopo la chemioterapia.

    Non avevo più speranza, non volevo più lottare e confrontarmi di nuovo con una grave malattia. Questa volta la morte era molto vicina. Ho chiesto al mio compagno di capire la mia mancanza di voglia di lottare. Fortunatamente lui è stato capace di accettare la mia decisione.

    Intanto il seme della possibilità di un trapianto era stato gettato. Stavo considerando di tornare in Olanda per il trapianto nel caso che una delle mie sorelle fosse stata compatibile.

    Contemporaneamente il mio compagno e io stavamo progettando di sposarci: è stata una grande giornata con tanti amici cari. Ci siamo goduti la giornata mangiando, giocando e nuotando.

    Il giorno dopo il matrimonio abbiamo ricevuto la notizia che le mie due sorelle non erano compatibili e quindi la ricerca di un donatore dal registro avrebbe avuto inizio. Nel frattempo avevamo fatto delle ricerche e capito che il TMO (centro di Trapianto Midollo Osseo) dell’ospedale di Careggi a Firenze, era un centro molto valido e abbiamo deciso di visitarlo, informalmente. Il centro, i medici e gli infermieri ci dettero fiducia: questo fu uno dei motivi che mi spinsero a decidere di fare il trapianto a Firenze al TMO. Altre due importati ragioni furono che
    - Il protocollo in Olanda prevedeva 3 mesi di chemioterapia prima del trapianto mentre in Italia era una settimana. Non volevo assolutamente di nuovo avere lunghi cicli di chemioterapia.
    - Era conveniente per me e la mia famiglia essere nella mia città.

    In quel difficile periodo avevo bisogno di staccarmi da tutto, per confrontarmi con me stessa. Quindi sono tornata in Olanda ospite da due cari amici: ero ancora autosufficiente. Ma più mi avvicinavo alla morte più ero aperta alla vita.

    Ho iniziato a leggere sulle varie possibilità di cure alternative facevo la terapia di bioresonanza e andavo da uno psicologo esperto in visualizzazione: mi faceva bene parlare della mia malattia e prendermi cura di me stessa è stata una esperienza personale molto forte.

    E poi è arrivata la prima buona notizia, c’erano 5 donatori compatibili. Una ricerca più approfondita doveva essere fatta per scegliere il migliore per me. Il mio cuore batteva forte... la speranza iniziava timidamente a farsi largo.
    Pensavo a queste persone, le ringraziavo della loro esistenza, pronte a donare, a concedere il loro tempo per questo ed avere la compassione e responsabilità per gli altri.

    Il processo di ricevere con gioia quello che mi veniva offerto nasceva: l’importanza del gesto del dono.
    Se qualcuno era pronto a darmi una possibilità di continuare questa vita, dovevo solo accettare con amore quello che mi veniva offerto ed essere solo grata per questa possibilità.
    Non c’era più bisogno di lottare.

    Tornata a Firenze, le mie forze scomparivano velocemente, i valori del sangue peggioravano di giorno in giorno. Fui invitata al TMO per una sessione informativa. Un infermiere mi spiegò cosa dovevo portare, come si faceva, cosa dovevo aspettarmi etcc. Mi dettero inoltre un librettino con importanti informazioni. Con i dottori decidemmo di rimandare il trapianto fino a dopo il capodanno dell’anno 2000.

    Il donatore purtroppo aveva l’ influenza al momento della raccolta quindi dovemmo rimandare di nuovo; giorno dopo giorno il mio ricovero in ospedale si avvicinava e io diventavo sempre più debole. Il donatore, più o meno della mia età, di sesso e gruppo di sangue diversi dal mio, era molto compatibile.

    Finalmente arrivò il momento del ricovero in Ospedale, mio marito mi ha accompagnata e dovemmo salutarci. C’erano due infermieri a riceverci. Molto gentili, ci stavano già accompagnando in questo nuovo percorso. Sono entrata nel corridoio che conduceva alla mia camera sterile tra i due infermieri, mi sentivo sicura. Ho guardato mio marito nuovamente e sono entrata nella mia stanza. Mi hanno spiegato più in dettaglio cosa dovevo fare, come fare un’ accurata pulizia etc. C’era una scaletta da seguire precisa che ha scandito le mie giornate per più di un mese.

    I dottori visitavano due volte al giorno, mi davano le notizie e controllavano continuamente la mia condizione. Mi fidavo completamente di loro.

    Avevo portato il mio computer e potevo comunicare con e-mails e video camera. Grande. Potevo godere la mia famiglia e gli amici nonostante il fatto che ero in isolamento.
    Però più di tutto sono stata bene con gli infermieri, sono stati presenti ogni istante con tanta umanità e molta professionalità. Mi hanno fatto ridere, mi sostenevano quando ne avevo bisogno, mi seguivano con cura e quando c’era un problema erano capaci di collaborare in grande armonia con i dottori. Persino il personale di supporto che si prendeva cura della camera e del cibo era professionale e quindi di grande conforto.

    Sentivo di fare parte di un team di alto livello, stavamo lavorando tutti per riuscire in questa missione, specializzati, ma allo stesso tempo capaci di comunicare e interagire nel migliore modo possibile. Ognuno era importante per le proprie conoscenze, responsabilità e qualità.

    Il 27 gennaio, dopo il periodo di condizionamento, ho ricevuto il midollo osseo: da quel momento lo considero il mio secondo compleanno. Durante il trapianto ero molto concentrata, aperta ad accogliere questo dono e ringraziare il donatore.

    Nel periodo seguente era importante restare calma, aspettando il momento in cui le cellule del sangue sarebbero iniziate a crescere, l’attesa è stata più lunga del previsto, comunque dopo più di 20 giorni le cellule del sangue iniziarono a far capolino. Allora c’era speranza, vera speranza. Sono stata dimessa un mese dopo il trapianto.

    Il periodo seguente non è stato per così dire semplice, ho avuto complicazioni tipo il ciclomegalovirus, polmonite etcc… ma fortunatamente con la competenza e la specializzazione del Tmo siamo riusciti a superarle.

    Un ringraziamento e un forte pensiero vanno anche alla società in cui vivo che gioca un ruolo di primaria importanza nell’esperienza da me passata. Sono estremamente riconoscente all’Italia come all’Olanda, due paesi Europei dove le cure mediche sono garantite.

    La società deve promuovere e provvedere con l’aiuto di ogni cittadino all’educazione, salute, ricerca, lavoro e cultura. Bisogna essere consapevoli dell’importanza di questo.

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