La storia di Fabio - Estate 2003

    Sono passati dieci anni da quel giorno; oggi il sole splende e il mio cielo è di un azzurro intenso.

    La storia di Fabio

    E' cominciato tutto verso la fine dell'estate 2003: per un paio di mesi qualche lineetta di febbre, stanchezza, tosse persistente, dolore ad un braccio e parziale funzionalità della mano (ridotta velocità, presa e tattilità).
    All'inizio non mi ero preoccupato particolarmente della cosa. Già: mi era capitato lo stesso, tranne il dolore al braccio, l'anno prima, ed era comunque andato tutto via da solo dopo 'soli' tre mesi.
    Questa volta sarebbe successo lo stesso. Tanto esami del sangue e radiografia al torace erano stati fatti anche l'anno prima, senza peraltro evidenziare nulla di rilevante.

    Con i nuovi esiti degli esami del sangue in mano, ed in attesa di fare l'RX al torace, prenoto anche una visita fisiatrica per quel dolore al braccio. Si sa: chi come me passa il suo tempo al lavoro davanti al computer non può stupirsi se i dolori cervicali si fanno sentire, prima o poi. I muscoli alla base del collo mi sembravano particolarmente in tensione; alla mia sinistra quasi un gonfiore. Poi quasi per caso - come capita spesso per tante altre cose - mi rendo conto che il gonfiore superficiale è in realtà qualcosa di più …

    Era l'ultimo sabato di fine agosto quando con trepidazione sono andato dal medico. Le settimane successive non sono trascorse meglio: ecografia, visita ematologica, lastre al torace, biopsia, biopsia ossea. E, ovviamente, un bel po' di attesa, marcata da consapevolezze intrinseche e da timori.
    Nel frattempo il lavoro continua e le incertezze del tipo: "che nome avrà?", "quanto sarà grave?", "a che stadio sarà?", "quante speranze ci sono?" rimangono per un po' senza risposta. Cerco di non far capire in giro che sto male, almeno finché non ne saprò abbastanza da accontentare la mia sete di sapere, prima ancora che quella degli altri. Cerco di non farmi vedere troppo preoccupato da genitori, amici e parenti, ma non sempre ci riesco bene. Le valutazioni sul futuro faticano a focalizzare il colore rosa.

    Poi, finalmente, arriva il responso completo: linfoma di Hodgkin, scleronodulare, sottotipo sinciziale, stadio IIA. Un sacco di parole astruse, ma finalmente anche le risposte ai miei quesiti. Finalmente risposte anche a quesiti che non mi ero posto.
    E scopro che, nella sfortuna del caso, sono però fortunato; che questa malattia statisticamente risponde bene alle terapie. Imparo di volta in volta il significato 'pratico' di termini che prima usavo magari senza consapevolezza o non conoscevo affatto: TAC, chemioterapia, radioterapia, emocromo, piastrine, globuli bianchi, aplasia, PET, eccetera.

    Prendo confidenza con il day hospital di ematologia di Treviso, cioè con l'ambiente affollato degli ambulatori e l'ottimo personale infermieristico e medico che vi opera, ma anche con alcune delle molte persone che vi si recano e che si rincontrano durante i controlli e le terapie periodiche.
    Il tipo di chemioterapia prescrittami (protocollo ABVD) è di norma abbastanza leggero e ben tollerato, anche da persone non più giovani. I miei 35 anni dovrebbero garantire per questo, ma ben presto scopro a mie spese una inconsueta tossicità di questa cura per il mio fisico. Lo stesso vale per un protocollo ancora più leggero (VBM).
    Imparo presto che la formula "globuli bianchi molto bassi = aplasia = immunodeficienza" può portare alla formula "infezioni virali = febbre = possibile ricovero".

    Comincio a 'frequentare' il nuovissimo reparto di ematologia, che avevo conosciuto in maniera superficiale al tempo della biopsia iniziale. Ci entro e ci esco quattro volte, ma ogni volta con la consapevolezza di essere in buone mani, protetto, seguito e curato come necessario. Imparo quel che c'è da sapere e apprezzo subito - nel mio piccolo e nella mia ignoranza in materia - la bontà dell'organizzazione e della struttura; modello da prendere in considerazione quale ambiente 'a misura d'uomo' e all'altezza delle aspettative di chiunque ne abbia già sentito parlare bene.
    Rivaluto in quelle circostanze, con consapevolezza, che un tuo sorriso può valere per gli altri più di mille parole. Che il sorriso e la parola degli altri vale per te ancora di più. Scopro poi - complice il molto tempo a disposizione - che ogni cosa ha un che di speciale in quei momenti: il tuo vicino di letto, il personale, i medici, le persone che ti vengono a visitare, i volontari dell'AIL.

    I volontari dell'AIL...

    Ignoravo cosa significasse la sigla e che il bellissimo reparto di cui sopra fosse stato realizzato grazie al generoso e consapevole contributo di tale associazione. Non avevo idea di quale fosse la valenza dell'operato di chi ne fa parte. Ignoravo l'esistenza delle tante volontarie che si sono avvicendate nellecamere del reparto, durante l'orario pomeridiano di visita, con un sorriso e un caffè in mano. Mai presenza inopportuna o invadente; in molte occasioni fonte di preziose informazioni, testimonianze o esperienze. Quelle due parole che a volte hanno il valore prezioso dell'oro.
    Ora le mie cure sono a buon punto, pur avendo dovuto sospendere la chemioterapia. A breve procederò con la radioterapia, ma un recente esame ha dato esito positivo (positivo per me) e il cammino si prospetta in leggera discesa; ponendo sempre attenzione ai freni e alle immancabili curve del tracciato, sia ben inteso.

    Non vedo l'ora di tornare al lavoro... chi lo direbbe mai in una situazione normale?

    Storia di Fabio

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