La storia di Antonio Nuccio

    La storia di Antonio Nuccio

    Non sapevo che titolo dare a queste mie notizie; il verbo “riaprire" mi è sembrato subito più adatto.
    Per raccontare la mia storia cercherò di essere breve senza tralasciare alcun particolare. Sono Antonio Nuccio da Tricase (LE). Nell'agosto del 1991 con mia moglie e mia figlia Roberta di appena due anni e mezzo, tornavo felice da un bel viaggio a Padova dove ero stato a venerare il SANTO, di cui porto il nome, nella sua basilica; mi sentivo bene ed ero pieno di forze,

    Nel mese di novembre ho cominciato a sentire alcuni disturbi: tosse, astenia, affaticamento dopo ogni piccolo sforzo. Nonostante alcune cure di medicina di base, questi fastidi sono cresciuti tanto da ricorrere ad esami di laboratorio. In pochi minuti, tutto il mondo mi è crollato addosso: il Dr. Chiuri, primario del centro trasfusionale dell'ospedale di Tricase, formula una diagnosi che può ritenersi una condanna: LEUCEMIA.
    In poche ore, familiari, conoscenti e lo stesso Dr. Chiuri preparano tutto per il ricovero al policlinico di Bari, il 27 dicembre 1991 (che Natale diverso per me!) sono già sottoposto a chemioterapia. Visti i primi deboli, ma per me speranzosi, risultati positivi, nel febbraio 1992 sono sottoposto a terapia di consolidamento nella speranza di ottenere una situazione da consentire il trapianto di midollo. Tralascio di rimarcare il mio stato d'animo, quello di mia moglie in particolare e dei miei familiari in questo periodo. Confermati ì risultati positivi, la Dr.ssa Specchia, responsabile del reparto di ematologia del policlinico di Bari, che ringrazio di cuore, mi prepara per il tentativo di autotrapianto a Roma dal Prof. Mandelli.

    Il 18 aprile 1992, ricoverato nel reparto di ematologia del Policlinico Umberto I°, ricevo la mia prima delusione poiché per problemi di fegato non si può effettuare l’autotrapianto. Dopo tutti gli attenti preparativi e scrupolosi accertamenti arriviamo a quella che io considero la seconda mia data di nascita: 8 luglio 1992, giorno dell’autotrapianto di midollo osseo.
    Da questo momento, per me, per i medici e per tutti quelli che mi sono stati vicini, ogni ora veniva vissuta con l’interesse e l’attenzione di chi vede aprirsi una speranza e rifiorire una vita.
    Verso la metà di agosto vengo dimesso dal Policlinico con obbligo di permanenza a Roma per i controlli del caso, attenti, continui, ripetuti; finalmente, verso la metà di settembre ottengo il via libera per tornare a casa. Il mio cuore era così gonfio di gioia che invece dei normali mezzi di locomozione avrei preferito volare come un uccello in libertà, verso il mio paese.

    Oltre al Prof. Mandelli voglio ringraziare, ma non trovo le parole, la Dr.ssa Meloni e il Dr.Vignetti.
    Fino alla fine del 1992 ho continuato a Tricase, sotto la sorveglianza del Dr. Chiuri e in collaborazione con la Dr.ssa Specchia, i controlli ematici i cui risultati, raggiunti valori normali, si sono stabilizzati.
    A questo punto potrei chiudere con la parola “VITTORlA”, ma vorrei aggiungere la ciliegina sulla torta: dopo vari mesi la vita è tornata alla normalità, mia moglie mi annuncia di attendere un figlio!
    In quel momento, credetemi, ho urlato il mio grazie a tutti; al buon DIO che non mi ha abbandonato, alla scienza, ai medici, a mia moglie “angelo custode” e a tutti quelli che mi hanno incoraggiato, standomi vicino.

    Antonio Nuccio  

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