Enrico: “ogni mio minuto l’ho vissuto da vivo”

    Giovedì 24 settembre, nove mesi fa. Saluto come ogni mattina i miei adorati bimbi, Marco 8 anni e Anna di 5. Un bacino e “ciao, ci vediamo stasera”. Non avrei mai immaginato che non li avrei più visti per un mese, che quella sera sarei stato in un letto di ospedale prigioniero di un incubo. Leucemia Promielocitica Acuta. Così, da un momento all’altro. La sera prima ero allo stadio a vedere la Samp battere la Roma, due giorni prima ero a correre sul lungomare di Genova.

    E in poche ore mi ritrovavo a fare chemioterapia, con un grosso punto interrogativo davanti, tanta rabbia per l’ingiustizia che avrebbero subito i miei figli perdendo il loro papà. Non mi sono mai fatto prendere dallo sconforto. Ho subito pensato e agito come una bestia feroce che deve difendere la propria famiglia: lotterò contro tutto e tutti, senza tregua, senza lamenti. E così ho fatto. Al primo giro ho perso 12 chili, ma la gioia di abbracciare i miei cuccioli, un po’ disorientati, mi ha ripagato di ogni fatica, poi sono stati altri quattro mesi di ospedale, tra un ciclo di chemioterapia e l’altro.

    Nel frattempo occupavo le mie ore tra grandi letture e meravigliosi progetti per il futuro, come se la vita fosse per altri cent’anni. Preferisco morire da vivo che vivere da morto, ho sempre pensato, ed ho dedicato ogni mio minuto, anche il peggiore, a viverlo da vivo, cogliendo ogni lato bello della nostra esistenza, che anche quando è sofferenza può insegnare molto, e regalare momenti intensi.
    Non ho perso la concentrazione e la lucidità un solo minuto, ho pianificato nel dettaglio tutto quello che avrei dovuto e voluto fare, e così ho fatto. Le cure, da parte loro, hanno dato da subito i risultati sperati, i medici mi hanno sempre trasmesso una grande fiducia con la loro fantastica professionalità ed umanità.
    Il 12 febbraio ho lasciato per l’ultima volta l’ospedale. Remissione completa: dovrò fare controlli ogni tre mesi per qualche anno, ma poco importa: vivo ogni minuto come fosse un magnifico regalo, con l’ambizione di campare altri cent’anni.

    Due settimane dopo le dimissioni sono tornato a correre in Corso Italia, due minuti di corsa e tre di camminata, per cinque volte. Pochissimo. Il giorno dopo di nuovo. La settimana dopo un po’ di più. A metà aprile tagliavo il traguardo della Corrigenova, una corsa amatoriale di 13 km, lasciandomi dietro diverse centinaia di corridori “sani”. Sono vivo. Sono forte. Sono meglio di prima.
    Oggi la mia vita è tornata esattamente quella di prima, ma non solo sto bene fisicamente (e sotto molti aspetti sto meglio di prima) ma ho la forza di sapere apprezzare ciò che veramente conta nella vita, consapevole che, affrontata questa, tutte le altre difficoltà al confronto sono poca cosa.

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