Il mio inquilino, il signor linfoma di Hodgkin

    Il mio inquilino, il signor linfoma di Hodgkin

    Agosto 2016: una delle estati più belle della mia vita, 31 anni, tante persone speciali attorno, un bel lavoro. Decido di andare a una festa di paese, una di quelle che mi piacciono tanto e casualmente metto una collana (gesto raro per me che non uso gioielli vari). Non ricordo bene nemmeno quale avessi scelto, credo di aver rimosso il ricordo nonostante io abbia una memoria pazzesca. Dopo pochissimo tempo la collana inizia a darmi fastidio. Cerco di toglierla per ritirarla in borsa e a quel punto sento una piccolissima pallina nella zona sovraclaveare destra (ok, i termini così tecnici li ho imparati dopo). Iniziano vari controlli qua e là passando da chi diceva che non era nulla, a chi pensava che fosse mononucleosi , a un medico poco sensibile( dal quale poi scappai a gambe levate ) che trovò il modo senza mezzi termini, davanti ai miei genitori che quasi svennero, di dirmi che avevo un CANCRO, che forse avrei perso tutti i miei adorati capelli e che non si sapeva se avrei avuto bambini. Il 21 novembre, grazie alla pazienza e all’impegno di una persona arrivai finalmente nel posto giusto, dove il mio super medico (lo chiamo così ) finalmente mi fece capire qualcosa in più e mi accompagnò pian piano verso tutto quello che poi è stato . Il mio inquilino (così lo chiamavo) si chiama linfoma di Hodgkin. Un cancro del sangue per intenderci. E fino a quel momento nemmeno io sapevo che potesse esistere un cancro “invisibile”. Colpisce principalmente le persone giovani (ah ecco ero giovane, ole’) e nel mio caso è stato asintomatico (ecco sì, saltellavo come una pazza fino al giorno della prima chemio). Adesso sono in remissione da quattro anni, non propriamente guarita (si potrà dire tra solo un anno finalmente) e al momento l’inquilino ha cambiato appartamento. I capelli alla fine non mi sono caduti ma solo sfoltiti e non è detto che non avrò bambini ... E’ strana una vita che a cadenza regolare ti porta in ospedale per i controlli, è un po’ come essere appesa a un filo che più vai avanti più diventa spesso e ti evita di cadere giù.

    Con questi percorsi in cui vedi la sofferenza vera di reparti speciali arrivi a essere consapevole di quanto devi essere grata alla vita e a chi, come il mio medico, te la sta salvando, senza chiedere nulla in cambio. Quando passi esperienze di questo tipo vedi le cose da un’altra prospettiva, impari ad amare ogni singolo giorno, ogni seconda opportunità, ogni colore e sfumatura. Non so nemmeno descrivere l'emozione, l'impotenza, l'attesa, l'ansia, la paura, l'amore e tutte quelle sensazioni che mi hanno accompagnato in questi mesi e anni di protocolli, di chemio e radio, di notti in bianco per i dolori e delle cicatrici fisiche e mentali che mi porto ancora addosso.

    Certo è che credo davvero di essere la persona più fortunata del mondo perché sono passata in mezzo ad un uragano e ne sono uscita. Ho avuto vicino persone formidabili, amici incredibili, medici speciali, amori unici. Vicini e lontani, sui social o sotto casa. Non vi sto a dire che non è stata difficile, vi dico solo che , nonostante tutto ne è valsa la pena perché anche grazie a questa esperienza mi è stata data la possibilità di diventare piano piano la donna che volevo diventare,una che, al rosa e agli unicorni, non smetterà di credere mai!

    Mariana

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