Linfoma di Hodgkin recidivato o refrattario: l’importanza di una strategia terapeutica basata sul rischio individuale del paziente

Uno studio di fase 2 internazionale e multicentrico, recentemente pubblicato sulla rivista Blood, valuta per i giovani pazienti dai 5 ai 30 anni di età con linfoma di Hodgkin recidivato/refrattario, che non hanno ottenuto una risposta metabolica completa (ovvero negatività dell’esame PET) prima del trapianto autologo, una strategia terapeutica risk-adapted e e response-adapted.

Valutare il rischio dei singoli pazienti per settare le terapie

La terapia del linfoma di Hodgkin recidivato o refrattario consiste in un trattamento chemioterapico con consolidamento con chemioterapia ad alte dosi e trapianto autologo di cellule staminali periferiche. È però importante arrivare al trapianto con meno malattia possibile – idealmente in risposta completa – per avere i risultati migliori e poter migliorare la sopravvivenza libera da malattia.

Uno studio di fase 2 internazionale e multicentrico, recentemente pubblicato sulla rivista Blood, ha valutato una possibile strategia per raggiungere tale obiettivo. Gli autori si sono concentrati sulla popolazione di bambini, adolescenti e giovani adulti – dai 5 ai 30 anni di età - con linfoma di Hodgkin recidivato/refrattario e che non hanno ottenuto una risposta metabolica completa (ovvero negatività dell’esame PET) prima del trapianto autologo.

Per approfondire la risposta, i giovani pazienti hanno ricevuto una strategia terapeutica definita risk-adapted (cioè, in base al rischio della malattia) e response-adapted (cioè in base alla risposta ottenuta a ogni step di trattamento): inizialmente sono stati somministrati 4 cicli di immunoterapia con Nivolumab (un inibitore dei checkpoint immunitari) + Brentuximab Vedotin (un anticorpo monoclonale anti-CD30), fase chiamata di induzione. In seguito, i pazienti con una risposta ancora subottimale dopo quei primi cicli ricevevano una terapia chiamata di intensificazione con bendamustina + Brentuximab Vedotin, prima di procedere al trapianto autologo.

Quale strategia prima del trapianto?

L’obiettivo dello studio era valutare il tasso di ottenimento di una risposta metabolica completa prima del trapianto. Inoltre, un’attenzione particolare è stata rivolta alla tossicità dei trattamenti, trattandosi di pazienti in giovane età.

In tutto sono stati trattati 44 pazienti, con un’età mediana di 16 anni e nella maggior parte dei casi con una malattia refrattaria al trattamento di prima linea; di essi, la maggior parte non ha necessitato dell’ulteriore chemioterapia di intensificazione (infatti, solo 11 pazienti hanno dovuto ricevere oltre ai primi 4 cicli anche la Bendamustina + Brentuximab); 32 pazienti sono stati sottoposti a trapianto autologo. Gli autori hanno rilevato un 59% di risposte metaboliche complete dopo i primi 4 cicli, con una risposta metabolica completa del 94% prima del trapianto autologo (dovuta a Nivolumab + Brentuximab, seguita o meno da Bendamustina + Brentuximab).

La progressione libera da malattia a 1 anno è stata del 91%. Questo trattamento ha mostrato inoltre un moderato profilo di tossicità (18% dei pazienti con eventi avversi di grado 3-4).

Lo studio conclude che, nei pazienti giovani con un linfoma di Hodgkin aggressivo e che necessitano di una buona risposta prima del trapianto autologo, una strategia basata sul rischio individuale del paziente e sulla risposta che ottiene a diversi time-point porta a ottimi risultati e, in parallelo, mostra una buona tolleranza. Tali dati saranno comunque da confermare in trial prospettici con un maggior numero di pazienti.

Referenze bibliografiche
Blood 2023;141(17):2075-2084
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36564047/