Sindromi mielodisplastiche ad alto rischio: efficacia della combinazione venetoclax e azacitidina
Le sindromi mielodisplastiche ad alto rischio sono patologie caratterizzate da un elevato rischio di trasformazione in leucemia mieloide acuta e una sopravvivenza mediana limitata. La ricerca sta valutando nuove combinazioni di farmaci che risultano promettenti per i pazienti.
Le sindromi mielodisplastiche ad alto rischio sono patologie caratterizzate da un elevato rischio di trasformazione in leucemia mieloide acuta e una sopravvivenza mediana limitata.
Nonostante l’azacitidina sia da anni lo standard terapeutico, i dati real-world mostrano sopravvivenze inferiori rispetto agli studi storici, con una mediana di circa 13-19 mesi.
In un recente studio internazionale di fase 1b, pubblicato recentemente su Blood, è stata valutata l’associazione di venetoclax, un inibitore selettivo della proteina B-cell lymphoma 2, (400 mg per 14 giorni) e azacitidina (75 mg/m² per 7 giorni) in pazienti con sindromi mielodisplastiche ad alto rischio non trattati in precedenza.
Sicurezza e implicazioni cliniche della combinazione venetoclax-azacitidina
Su 107 pazienti, il 29.9% ha ottenuto una remissione completa, il 50.5% una remissione midollare. La sopravvivenza globale mediana è risultata di 26 mesi, superiore ai dati ottenuti con l’azacitidina da sola. Inoltre, il 43% dei pazienti è stato in grado di proseguire verso il trapianto allogenico, obiettivo curativo nei pazienti con sindromi mielodisplastiche ad alto rischio. La trasformazione in leucemia mieloide acuta si è verificata solo nel 12% dei casi, una percentuale molto inferiore rispetto ai dati storici (~40%), suggerendo che il trattamento possa anche ritardare la progressione della malattia.
Dal punto di vista della sicurezza, il regime venetoclax-azacitidina ha mostrato un profilo gestibile, con eventi avversi attesi: neutropenia (49%), trombocitopenia (43%) e infezioni (40%). Il 49% dei pazienti ha raggiunto un miglioramento ematologico, e circa il 41% dei pazienti trasfusione-dipendenti ha ottenuto indipendenza trasfusionale, migliorando sensibilmente la qualità di vita. Eventi gravi come la neutropenia febbrile sono stati frequenti ma gestibili con interventi tempestivi, compreso l’uso del fattore di crescita che stimola la differenziazione, la sopravvivenza e la migrazione dei granulociti e la profilassi antinfettiva.
L’esperienza conferma che la riduzione della durata del venetoclax a 14 giorni è un equilibrio importante tra efficacia e sicurezza. Tuttavia, l’assenza di un braccio di controllo limita la forza definitiva delle conclusioni. I dati suggeriscono che la risposta midollare anche in assenza di miglioramento ematologico possa avere comunque un impatto clinico positivo, permettendo il consolidamento con trapianto a 22 pazienti di questo studio.
Conclusioni
Nello studio emerge che lo schema venetoclax + azacitidina si configura come una nuova opzione promettente per pazienti con SMD ad alto rischio non candidabili a terapie intensive, prolunga la sopravvivenza, induce trasfusione indipendenza e migliora la qualità della vita. Va però ricordato che è in corso il trial di fase 3 VERONA volto a confermare tali risultati su scala più ampia.
Fonte
Blood 2025 Mar 13;145(11):1126-1135