La sala d’attesa

    La sala d’attesa

    A 56 anni, durante un ricovero per COVID-19, scopro di avere pochi globuli rossi e pochissimi bianchi. In piena seconda ondata di pandemia le informazioni sono poche e confuse, si pensa possa essere la conseguenza del virus e per questo, guarito dalla polmonite, vengo dimesso. Ad un mese dal mio ritorno a casa i valori ematici peggiorano, mentre cresce una stanchezza mai provata. Sono incredulo, solo due mesi prima con la mia bicicletta avevo costeggiato il Po fino a Venezia, 750 km, solo e in 7 giorni, non capisco cosa mi stia succedendo.

    A due anni di distanza, quel viaggio è diventato per me l'emblema della prevenzione, un monito sull'importanza dei controlli periodici. Non importa quanto ci si senta forti ed in salute, sono quei controlli a fare la differenza. Io sono stato fortunato, grazie al Covid sono stato ricoverato e monitorato nelle settimane seguenti, fino a quando un prelievo di midollo ha fugato ogni dubbio, avevo la leucemia mieloide acuta

    Inizia così il mio percorso di cure presso L'istituto Humanitas di Rozzano, che mi porterà dopo 4 cicli di chemioterapia al trapianto di midollo e ad una nuova vita. Sette mesi passati per lo più in una camera sterile, senza passeggiate in corridoio, senza visite, senza maniglie alle finestre. Avevo però tanto tempo a disposizione, un Mac, una storia, ed una nuova sconosciuta sensibilità. Così è nato La Sala d'Attesa, un romanzo autobiografico che parla di rinascita e di quanto la vita possa essere bella in ogni suo momento, se vissuto con la consapevolezza di chi ha imparato ad amarla davvero, senza attendere una tempesta.

    Giorgio

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