Donazione di cellule staminali

Donare le cellule staminali emopoietiche è un atto di enorme altruismo, di profonda solidarietà e di assoluta generosità. Perché le cellule staminali emopoietiche servono a ripopolare il midollo osseo di persone malate, offrendo loro una nuova opportunità per il futuro: per molti pazienti affetti da malattie ematologiche, il trapianto rappresenta una valida possibilità di trattamento e una grande opportunità di guarigione. Nel nostro paese oltre duemila persone ogni anno, di cui quasi la metà bambini, può trovare beneficio da questo tipo di intervento: maggiore è il numero di donatori iscritti al registro, più possibilità di vita avranno tutti pazienti in attesa di trapianto di CSE. Ma conosciamo le cellule staminali emopoietiche vediamo chi può donare, come, quando e dove.

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Perché e come diventare donatori di CSE
Le cellule staminali emopoietiche
Il trapianto di CSE
La compatibilità tessutale e la tipizzazione HLA
Il prelievo di cellule staminali da sangue periferico
Il prelievo di cellule staminali midollari nel donatore
Donazione di cellule staminali da cordone ombelicale
Domande frequenti

Perché e come diventare donatori di CSE

Oltre 30 anni fa i trapianti di CSE venivano eseguiti esclusivamente tra fratelli compatibili HLA-identici. Tuttavia, la constatazione che il 70% dei malati affetti da malattie del sangue gravi e letali non potesse giovare di una terapia sufficientemente valida (si calcola che ogni anno nel nostro paese circa 2000 pazienti eleggibili al trapianto non dispongano di un donatore all’interno della fratria) ha spinto i ricercatori a individuare il possibile donatore al di fuori dell’ambito familiare.

I risultati soddisfacenti ottenuti ricorrendo a donatori non familiari hanno portato, nonostante la difficoltà nel reperire soggetti con caratteristiche genetiche simili, al fiorire in tutto il mondo di Registri nazionali di potenziali donatori di midollo osseo. Tali Registri sono delle vere e proprie banche dati che, collegate tra loro in una rete internazionale, rendono accessibile a un singolo paziente un pool di potenziali donatori estremamente ampio. Si tratta di una strategia necessaria per aumentare la probabilità di reperire un donatore compatibile che, stante l’elevato numero di combinazioni possibili (polimorfismo) del sistema HLA, oscilla – in rapporto alla frequenza delle caratteristiche (fenotipo) considerate – da 1 su 1000 a 1 su 100.000.

Dal 1989 in Italia è operativo il Registro nazionale Italiano Donatori di Midollo Osseo, internazionalmente noto come IBMDR (Italian Bone Marrow Donor Registry), con sede a Genova, presso il Laboratorio di Istocompatibilità dell’Ente Ospedaliero - Ospedali Galliera, la cui attività è stata istituzionalmente riconosciuta dalla legge n. 52 del marzo 2001. Scopo dell’IBMDR è quindi di individuare per i pazienti ematologici in attesa di trapianto, ma privi del donatore ideale (il fratello/sorella HLA-identico), un volontario esterno alla famiglia con caratteristiche immunogenetiche tali da consentire il trapianto con elevate probabilità di successo.

Le CSE non possono essere costruite artificialmente: per questo è necessario che si rendano disponibili sempre più donatori che, con il loro gesto, possono contribuire a rispondere in modo efficace alle tante richieste dei pazienti in attesa di trapianto.

 

  • Come diventare donatori: Ognuno di noi può salvare vite umane, esprimendo il proprio “sì” alla donazione secondo quanto previsto dalla normativa vigente. La donazione, nelle sue molteplici forme, è pertanto espressione di profonda reciprocità e piena solidarietà. Per diventare donatori è necessario essere in buona salute, avere un'età compresa tra 18 e 35 anni, pesare almeno 50 kg ed essere iscritti nel Registro italiano donatori midollo osseo – IBMDR. Nel nostro paese i principi della gratuità, libertà, consapevolezza, volontarietà e anonimato sono trasversali a tutte le tipologie di donazione e sono posti a tutela del donatore e del ricevente. Ci sono tanti modi per diventare donatore e lo si può essere sia in vita sia dopo la morte. Qui sono presentate le modalità con cui dichiarare la propria volontà sulla donazione di organi e tessuti dopo la nostra morte e i diversi percorsi per essere donatori in vita, come per le CSE. Per scegliere di diventare donatore (e come) è bene informarsi, conoscere tutte le tutele previste e sapere che il nostro sistema trapianti – gestito dal Centro Nazionale Trapianti) è tra i primi posti al mondo per qualità degli interventi e sicurezza dei processi.

 

  • I Poli di reclutamento per la donazione di CSE sono organizzazioni, identificate dal competente Registro regionale, che possono essere di supporto a uno specifico Centro donatori per una o tutte le seguenti funzioni: reclutamento dei volontari; valutazione dell’idoneità; identificazione del donatore; prelievo ematico. I Poli di reclutamento, allocati presso strutture pubbliche istituzionali, devono avere una provata esperienza nel reclutamento e nella gestione di volontari, nelle attività di educazione al dono, nei processi di selezione medica, nelle norme di mantenimento della riservatezza e un ambiente idoneo alla gestione del donatore, ivi compreso uno spazio riservato per la raccolta dell’anamnesi, la visita e il colloquio. Clicca qui per sapere dove sono i Poli di reclutamento.

 

  • I Centri donatori IBMDR: Per diventare un donatore di CSE ci si può rivolgere ai Centri donatori dell’IBMDR, che sono organizzazioni, identificate dal competente Registro regionale, responsabili dell’ampliamento e del mantenimento del numero di iscritti (potenziali donatori). Ai Centri, oltre ai compiti correlati all’iscrizione dei volontari, possono essere affidati compiti e funzioni specifiche (fra cui le indagini genetiche sui donatori) dettagliate negli standard di funzionamento dell’IBMDR. Come sottolinea l’IBMDR, il Centro donatori è allocato presso una struttura pubblica istituzionale, di norma un Servizio di Medicina trasfusionale, e possiede una provata esperienza: nel reclutamento e gestione di volontari, nelle attività di educazione al dono, nei processi di selezione medica, nelle norme di mantenimento della riservatezza. Il Centro donatori è l’unico a responsabile della congruità ed aggiornamento dei dati anagrafici dei donatori della propria area geografica. Tali informazioni possono essere visualizzate dal Registro regionale di competenza, sulla base di condivise politiche regionali e dopo aver acquisito opportuno consenso da parte del donatore. Se il Centro donatori ha il compito di eseguire le indagini genetiche HLA pertinenti i donatori, esso deve anche essere in possesso dell’accreditamento EFI/ASHI. I Centri Donatori IBMDR sono 77: clicca qui per sapere dove sono.

  • La tutela del donatore: La figura del donatore viene tutelata dal nostro ordinamento dal punto di vista medico, etico e legale. Si tratta di norme di diversa natura che hanno tuttavia un unico obiettivo comune: rendere più consapevole la scelta di chi intende esprimersi a favore della donazione, garantire il rispetto della volontà espressa e tutelare la salute psicofisica del donatore. Le norme garantiscono inoltre anche il diritto alla cura per i pazienti affetti da malattie per cui il trapianto rappresenta l’unica terapia possibile. La donazione di CSE è infatti un gesto di enorme valore civico grazie al quale ogni anno migliaia di persone colpite da gravi e irreversibili malattie, iscritti nelle liste di attesa, possono essere curate con il trapianto.

 

Quanto ne sanno i giovani della donazione di sangue o midollo? Scopriamolo insieme

Le cellule staminali emopoietiche

Le cellule del sangue, prodotte nel midollo osseo e immesse in circolo, originano da cellule progenitrici, dette cellule staminali, che hanno la caratteristica di essere totipotenti, cioè di riprodursi a un ritmo estremamente intenso e a differenziarsi nelle varie linee cellulari.

Le cellule progenitrici non sono molte, anzi; però, oltre a possedere un’enorme capacità riproduttiva (ogni giorno generano 200-400 miliardi di cellule nuove), sono in grado di replicarsi, sì che il loro numero resta invariato durante la vita della persona, anche se dovessero in parte venire prelevate con una donazione.

Va ricordato che il midollo osseo è un organo fondamentale per il funzionamento dell’organismo: provvede infatti alla produzione delle cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine). Si trova all’interno del canale delle ossa lunghe (canale diafisario o cavità midollare) e nelle cavità del tessuto osseo ed è formato da una maglia di fibre e di cellule (la componente stromale) che hanno la funzione di sostenere meccanicamente e funzionalmente la cosiddetta “componente rossa” rappresentata dalle cellule staminali emopoietiche e dai precursori delle cellule del sangue.

In definitiva, la cellula staminale emopoietica (CSE) è una cellula non ancora matura, capostipite di tutti gli elementi fondamentali del sangue: capace di moltiplicarsi, è contemporaneamente in grado di produrre cellule figlie che, attraverso successivi processi di maturazione, daranno origine agli elementi maturi che si trovano nel sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine).

Le CSE si trovano dunque all’interno del midollo osseo e nel sangue del cordone ombelicale al momento della nascita, ma possono essere mobilizzate e fatte migrare nel sangue di bambini e adulti con un’opportuna stimolazione mediante particolari farmaci denominati fattori di crescita.

Il trapianto di CSE

Il trapianto di CSE, denominato in passato trapianto di midollo, consiste nel trapianto delle cellule da cui originano tutti gli elementi corpuscolati del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

Affermatosi come una delle strategie terapeutiche più utili nella cura di malattie del sangue maligne o ereditarie per le quali le terapie convenzionali offrono scarse o nulle possibilità di guarigione, esso è oggi il trattamento di scelta per svariate malattie:

  • malattie ematologiche neoplastiche (leucemie, linfomi, mielomi) e non (talassemie);

  • tumori solidi;

  • errori congeniti del metabolismo;

  • immunodeficienze primitive.

Per trapianto si intende la sostituzione di un midollo osseo malato, o non funzionante, con cellule staminali sane in grado di rigenerare tutte le cellule del sangue, ricostituendo così le normali funzioni ematologiche e immunologiche.

Il trapianto può essere autologo (trapianto di CSE dello stesso paziente dopo opportuno trattamento) o allogenico (trapianto di CSE da un donatore sano). In quest’ultimo caso è indispensabile reperire un donatore con caratteristiche genetiche simili (compatibilità tessutale) a quelle del ricevente, identificato all’interno del nucleo familiare oppure attraverso i Registri nazionali e internazionali dei donatori di midollo osseo e di sangue cordonale.

Operativamente, il trapianto di CSE allogenico consiste principalmente in due fasi:

  • fase 1: mirata alla distruzione delle cellule midollari del paziente con farmaci particolari e/o radiazioni;

  • fase 2: mirata alla ricostituzione del patrimonio midollare del paziente tramite l’infusione, per via endovenosa (in maniera del tutto simile a una normale trasfusione), delle cellule staminali prelevate dal donatore HLA compatibile. Queste cellule riescono, infatti, a trovare da sole la strada per colonizzare la sede ossea di loro competenza e iniziare a produrre i normali elementi cellulari del sangue.

 

La tipizzazione HLA

Per poter eseguire un trapianto di CSE allogenico (cioè da donatore) è necessario trovare il donatore idoneo e compatibile.

La prima ricerca viene eseguita all’interno della famiglia: il paziente e i suoi familiari (genitori e fratelli/sorelle) vengono sottoposti a indagini di laboratorio (tipizzazione HLA, human leukocyte antigen, ovvero antigene leucocitario umano) per valutare l’esistenza di un possibile donatore. Tali esami vengono eseguiti dal laboratorio HLA di pertinenza del Centro trapianti con un normale prelievo di sangue.

La probabilità che due fratelli/sorelle (fratria) siano HLA perfettamente compatibili è pari al 25-30%. I genitori o i figli sono sempre compatibili solo per metà; in tal caso si dice che i due soggetti sono HLA “aploidentici” e la compatibilità è dunque parziale (cioè al 50%).

In carenza di fratello HLA identico (compatibile al 100%) esistono alcune alternative: o il donatore è un familiare parzialmente compatibile, oppure è necessario attivare la ricerca di un soggetto non familiare iscritto nei Registri donatori di midollo osseo di tutto il mondo che porti le stesse caratteristiche genetiche HLA.

La ricerca del donatore non familiare viene attivata attraverso il Registro nazionale Italiano Donatori di Midollo Osseo, internazionalmente noto come IBMDR (Italian Bone Marrow Donor Registry), dal Centro trapianti.

 

La compatibilità tessutale e la tipizzazione HLA

Ciascuna persona possiede un patrimonio di geni, ereditati dai genitori, che la caratterizza in modo univoco. Alcuni di quei geni controllano l’espressione di strutture (antigeni) presenti sulla superficie di tutte le cellule del nostro corpo. Grazie a tali antigeni, caratteristici di un singolo individuo, il sistema immunitario riconosce le proprie cellule normali e reagisce contro quelle estranee o addirittura contro le proprie, se modificate.

Nell’uomo, il gruppo di geni che controlla il “riconoscimento” dei vari tessuti dell’organismo è definito sistema HLA (human leucocyte antigens, ovvero antigene leucocitario umano). L’insieme delle caratteristiche genetiche si possono determinare con test di analisi del DNA mediante utilizzo di tecniche di biologia molecolare, genericamente chiamati tipizzazione tessutale o tipizzazione HLA. Tali test si utilizzano, in caso di trapianto, per stabilire la compatibilità fra donatore e ricevente.

Per poter eseguire un trapianto di CSE allogenico (cioè da donatore) è dunque necessario trovare il donatore idoneo e compatibile (cioè con compatibilità tessutale).

La prima ricerca viene eseguita all’interno della famiglia: il paziente e i suoi familiari (genitori e fratelli/sorelle) vengono sottoposti a tipizzazione HLA per valutare l’esistenza di un possibile donatore. Tali esami vengono eseguiti dal laboratorio HLA di pertinenza del Centro trapianti con un normale prelievo di sangue.

La probabilità che due fratelli/sorelle (fratria) siano HLA perfettamente compatibili è pari al 25-30%. I genitori o i figli sono sempre compatibili solo per metà; in tal caso si dice che i due soggetti sono HLA “aploidentici” e la compatibilità è dunque parziale (cioè al 50%).

In carenza di fratello/sorella HLA identico (compatibile al 100%) esistono alcune alternative: o il donatore è un altro familiare parzialmente compatibile, oppure è necessario attivare la ricerca di un soggetto non familiare iscritto nei Registri donatori di midollo osseo di tutto il mondo che porti le stesse caratteristiche genetiche HLA.

La ricerca del donatore non familiare viene attivata attraverso l’IBMDR dal Centro trapianti di riferimento.

La sicurezza e la qualità dei processi sono fondamentali per la riuscita del trapianto di CSE: così, anche in questo settore (come per la donazione del sangue o per il trapianto d’organo) si procede sempre a un’attenta valutazione dell’idoneità del donatore volta a escludere quei soggetti il cui atto donativo potrebbe rappresentare un rischio per la salute propria e per quella del ricevente.

Infine, va ricordato che un sistema di notifica degli eventi e delle reazioni avverse gravi consente di intervenire tempestivamente in caso di necessità e di apportare tutte le eventuali misure correttive.

Il prelievo di cellule staminali da sangue periferico

Poiché, di norma, il sangue periferico non contiene sufficienti quantità di CSE per un trapianto, è necessario, prima del prelievo, incrementare il loro numero. A tal fine si somministra un fattore di crescita chiamato G-CSF (growth-colony stimulating factor, fattore stimolante la crescita cellulare), normalmente prodotto dall’organismo ma disponibile anche come farmaco, che ha la proprietà di rendere più rapida la crescita delle cellule staminali e di facilitarne il passaggio nel sangue periferico. Le prime sperimentazioni con il G-CSF risalgono al 1988, e da allora sono stati studiati ii possibili effetti secondari dovuti al suo uso: a causa della stimolazione che induce nel midollo osseo, il G-CSF può infatti provocare alcuni disturbi, solitamente di lieve o moderata entità, ben controllabili con comuni antidolorifici. I disturbi che più comunemente si possono avvertire sono: febbricola o febbre (anche 38 °C), cefalea, dolori ossei di diversa entità (soprattutto al bacino, alla schiena, agli arti), senso di affaticamento e talora perdita di appetito. Tali disturbi scompaiono rapidamente alla sospensione del trattamento e non lasciano sequele.

La somministrazione di G-CSF è indispensabile per poter raccogliere le cellule staminali dal sangue periferico invece che dal midollo osseo. In un soggetto sano l’effetto di G-CSF diventa visibile dopo 4-5 giorni di trattamento: è questo il momento previsto per la raccolta. La quale prevede procedure generalmente molto ben tollerate, che non richiedono nessun tipo di anestesia. I moderni separatori cellulari utilizzati prevedono circuiti e materiali rigorosamente sterili e monouso e richiedono due accessi vascolari (dalle due braccia): il sangue viene prelevato da un braccio, entra in una centrifuga dove la componente cellulare che interessa viene isolata e poi raccolta in una sacca apposita, mentre il resto del sangue viene reinfuso dal braccio controlaterale. La durata delle procedure dipende dal numero di cellule staminali presenti nel sangue periferico del donatore e può variare dalle 3 alle 5 ore; si utilizza una soluzione anticoagulante (acido citrico, citrato di sodio, destrosio) per evitare che i coaguli. La presenza di citrato di sodio nella soluzione può indurre ipocalcemia, con eventuale comparsa di formicolii periorali, al naso, alle dita: si tratta di una sintomatologia di lieve entità, che scompare rapidamente con la somministrazione endovena di preparati appositi.

Per raccogliere la quantità desiderata di progenitori emopoietici circolanti possono essere necessarie da 1 a 2 procedure, che si effettuano in giorni consecutivi.

I criteri di idoneità per la selezione del donatore di CSE sono stati aggiornati di recente da parte di un gruppo di esperti, utilizzando due principi fondamentali: garantire la massima tutela della salute del donatore applicando criteri più restrittivi in relazione a condizioni cliniche/patologie presenti nel donatore stesso; garantire la continuità di cura del ricevente, sulla base di una attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio, applicando criteri più permissivi in presenza di condizioni cliniche del donatore che possano esporre il ricevente al rischio di contrarre una malattia trapianto-trasmessa.

Il prelievo di cellule staminali midollari nel donatore

Le cellule staminali midollari da donatore non familiare vengono prelevate dal midollo osseo mediante punture delle creste iliache (ossa del bacino). Trattandosi di punture attraverso l’osso, dunque dolorose, il prelievo viene eseguito in anestesia. In genere l’anestesia è totale, ma può essere effettuata anche quella di tipo epidurale, mediante puntura lombare. Il prelievo dura mediamente 45 minuti e non comporta danno o menomazioni al donatore, come dimostra l’esperienza migliaia di prelievi di midollo osseo effettuati nel mondo.

Per far fronte alle possibili complicanze da essi derivanti è quindi necessario che il donatore non presenti gravi alterazioni cardiocircolatorie e renali.

Come detto, il prelievo dura mediamente 45 minuti e all’uscita dalla sala operatoria, il donatore resta ospedalizzato per un periodo di 48 ore. Al risveglio, e per un paio di giorni, egli avvertirà del dolore, contenuto, nelle sedi di prelievo, e destinato a sparire dopo pochissimi giorni.

La quantità di sangue midollare prelevata varia in rapporto al volume corporeo del ricevente, ed è usualmente compresa fra i 700 e i 1000 ml. L’organismo non avverte nessun sintomo di carenza e il midollo prelevato si ricostituisce spontaneamente in 7-10 giorni; è comunque opportuno, che una settimana prima della data fissata per il prelievo, il donatore si sottoponga all’autodonazione di una o più unità di sangue che gli verranno poi reinfuse per bilanciare il volume di sangue circolante. Non è, di norma, necessaria l’assunzione di farmaci né prima né dopo la donazione.

Per i donatori lavoratori è ragionevole prevedere che essi debbano restare assenti non più di una settimana dalle abituali occupazioni.

Donazione di cellule staminali da cordone ombelicale

Il cordone ombelicale è normalmente eliminato insieme ad altri residui del parto. Ma al momento della nascita di un figlio, una mamma può salvare un altro bambino attraverso la donazione del sangue del cordone ombelicale. Il cordone contiene sangue ricco di cellule staminali, che sono in grado di generare miliardi di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, elementi fondamentali del sangue. Donare il sangue del cordone ombelicale vuol dire, quindi, sfruttare le potenzialità di queste cellule. Questo sangue può essere impiegato, in sostituzione delle cellule staminali del midollo osseo, nella cura della leucemia e di altre malattie.

  • Un gesto semplice

Il prelievo del sangue placentare è semplice e del tutto indolore sia per la madre che per il neonato. Il percorso inizia con un colloquio informativo durante la gravidanza. A questo colloquio segue un normale prelievo di sangue per l’analisi di HIV ed epatite B e C. La donazione avviene al momento del parto, dopo la nascita del bimbo ma prima dell’espulsione della placenta, quando il cordone è stato già reciso. In pochi secondi il sangue, ricco di cellule staminali, viene raccolto in una sacca sterile e inviato alla Banca del Sangue del Cordone. Nelle successive 24 ore si procederà alle analisi cliniche, che devono essere eseguite secondo standard di qualità prestabiliti. In attesa del trapianto, il sangue viene conservato in speciali contenitori a 190 °C sotto zero (crioconservazione). Dopo 6 mesi la neo mamma viene sottoposta a un esame del sangue di controllo, necessario per garantire la sicurezza del cordone donato, e dovrà inoltre fornire un certificato del pediatra attestante lo stato di salute del bambino. Dopo i 6 mesi, periodo che serve per escludere la presenza di patologie nella mamma e nel bambino, il sangue è pronto per essere utilizzato e resta a disposizione della Banca per una decina d’anni.

 

  • Chi può fare la donazione

·         Tutte le mamme che non abbiano avuto una gravidanza a rischio e che abbiano concluso la 34a settimana di gravidanza. Il prelievo può essere effettuato sia dopo il parto naturale sia dopo il taglio cesareo.

·         Le donne che non siano portatrici di malattie ereditarie e che non abbiano contratto infezioni durante la gravidanza.

·         Le donne che non abbiano avuto malattie infettive come l’epatite e l’AIDS.

·         Le mamme che non abbiano avuto un parto con complicanze particolari, come la sofferenza fetale acuta.

 

  • Quando non si può donare

·         Prima delle 34 settimane di gravidanza.

·         In caso di febbre, anemia o infezioni della mamma.

·         In caso di malformazione congenita o sofferenza fetale del bambino.

·         In caso di rottura delle membrane più di 12 ore prima del parto.

 

  • Caratteristiche della donazione

·         Il trapianto di sangue del cordone ombelicale è una valida alternativa al trapianto di midollo osseo per la cura della leucemia.

·         Consente una notevole riduzione dei tempi di attesa e una maggiore disponibilità di donazioni.

·         Le cellule staminali presenti nel sangue del cordone ombelicale sono meno aggressive dal punto di vista immunologico: una volta trapiantate, vi sono minori probabilità che il paziente manifesti una grave complicanza del trapianto denominata “malattia del trapianto contro l’ospite” (dalla dicitura inglese: GvHD, graft versus host disease).

·         Rispetto alle cellule staminali presenti nel midollo osseo, quelle del sangue placentare sono in numero ridotto: per questo il trapianto si esegue prevalentemente su bambini o comunque su persone con peso non superiore ai 50 kg.

·         Il trapianto con sangue placentare si è dimostrato efficace sia tra consanguinei sia fra estranei e offre sempre maggiori speranze di vita a bambini e adulti malati di leucemia.

 

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