Il trapianto autologo: Le fasi del trapianto

Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (CSE) consiste nella somministrazione di chemioterapia ± radioterapia a intensità sovra-massimale (denominata di “condizionamento”) seguita da una reinfusione delle CSE del paziente stesso, che è quindi al contempo donatore e ricevente, raccolte e congelate prima della terapia.

Indice dei contenuti

Raccolta delle cse
Criopreservazione delle cse
Condizionamento
Reinfusione di cse
Attecchimento
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Patologie

Raccolta delle cse

La metodica originale per raccogliere le CSE (precursori emopoietici, note anche come cellule CD34-positive per la presenza sulla loro superficie di questa molecola distintiva) è stata per circa un decennio il prelievo di midollo osseo ematopoietico. Il paziente veniva sottoposto a numerose aspirazioni di midollo osseo dalle creste iliache posteriori (generalmente in sala operatoria, in anestesia generale o in alternativa in loco-regionale spinale), prelevando un totale di 1-2 litri di sangue contenente midollo osseo ematopoietico. In tal modo si otteneva una quantità di CSE adeguata ad assicurare una ricostituzione midollare completa dopo chemio-radioterapia mieloablativa. La procedura richiedeva circa due ore per essere completata e il paziente veniva generalmente sottoposto a 1-2 trasfusioni di emazie concentrate a causa dell’elevata quantità di sangue prelevata. Già dai primi anni ’80 del secolo scorso era tuttavia nota un’altra modalità di raccolta delle CSE, che progressivamente ha sostituito fino a prevalere quasi completamente su quella tradizionale: la raccolta delle CSE dal sangue venoso periferico.

Sebbene in condizioni normali le CSE CD34-positive sono presenti nel sangue venoso periferico in piccolissime quantità, dopo somministrazione di fattori di crescita granulocitari (granulocyte colony stimulating factor, G-CSF) associata o meno a chemioterapia con alcuni farmaci così detti “mobilizzanti” (ciclofosfamide, citarabina, ifosfamide), il numero di tali cellule nel sangue periferico aumenta enormemente (fenomeno della mobilizzazione). Quando si verifica una simile evenienza, le CSE da sangue periferico vengono raccolte mediante un separatore cellulare a flusso continuo a una velocità di aspirazione del sangue di 30-70 ml/min con una centrifuga interna predisposta in modo da separare dagli altri elementi ematici una frazione di cellule mononucleate contenenti le CSE, grazie alla presenza del loro “marcatore” CD34. Al fine di effettuare tale raccolta, oggi, più frequentemente, si utilizza un catetere venoso centrale a doppio o triplo lume da rimuovere al termine della procedura di aferesi, per garantire adeguati volumi di scambio.

Una procedura standard prevede che vengano processati 10-15 litri di sangue intero in un tempo di 3-5 ore valutando, al termine, la conta cellulare e le cellule CD34-positive.

La quantità di CSE CD34-positive da raccogliere dipende dal numero di trapianti che si intendono effettuare, dall’intensità della chemioterapia di condizionamento e dalla patologia per la quale si effettua il trapianto. Generalmente, al fine di assicurare al paziente un’adeguata ricostituzione midollare dopo somministrazione di chemio e/o radioterapia mieloablativa, è necessario re infondere un numero di CSE CD34-positive pari a 2-5 × 106/kg. In altre parole, per un uomo che pesa 75 kg sono necessarie almeno 150.000.000 di cellule staminali emopoietiche per ripopolare e ricostituire in maniera adeguata il midollo osseo dopo che lo stesso è stato distrutto dalla somministrazione di alte dosi di chemioterapia e/o radioterapia. Nei pazienti con quantità adeguate di cellule CD34-positive circolanti, un’accurata procedura consente di raccogliere il totale delle cellule staminali necessarie per un trapianto. In altri casi, quelli con basse quantità circolanti di precursori emopoietici o che dovranno essere sottoposti a più di una procedura trapiantologica, possono essere necessarie più sedute di leucoaferesi. È tuttavia necessario sottolineare che una parte dei pazienti sottoposti a mobilizzazione non è in grado di raggiungere un adeguato numero di CSE CD34-positive nel sangue venoso periferico, e quindi fallisce il tentativo di raccolta. Negli ultimi anni sono stati immessi sul mercato dei nuovi farmaci “mobilizzanti” da associare al G-CSF e alla chemioterapia, utili proprio in questi pazienti noti come “cattivi mobilizzatori”. Il principale di questi farmaci è il plerixafor ed è in grado, mediante un complesso meccanismo di azione, di aumentare la capacità di mobilizzazione anche in questi pazienti.

Nonostante i nuovi farmaci, rimane tuttavia una percentuale di pazienti in cui non è possibile effettuare la mobilizzazione e in cui è necessario ricorrere all’espianto di midollo osseo ematopoietico al fine di ottenere un adeguato numero di CSE CD34-positive per effettuare in regime di sicurezza la procedura di trapianto autologo.

Criopreservazione delle cse

Una volta raccolte, quale che sia la modalità di raccolta, le CSE devono essere conservate in maniera adeguata al fine di evitarne il deterioramento.

Negli ultimi vent’anni sono state proposte diverse metodiche di congelamento a temperature variabili tra -80 e -196 °C, arrivando addirittura a non congelare le cellule staminali nei casi in cui il regime di condizionamento sia di breve durata e il tempo che intercorre tra la raccolta di cellule emopoietiche e la loro reinfusione non superi le 96-120 ore. Per permettere alle CSE di sopravvivere a queste temperature è necessario proteggere queste cellule diluendole in un agente “crioprotettivo” noto con il nome di dimetilsulfossido (DMSO), una molecola in grado di diffondere rapidamente all’interno della cellula attraverso la membrana plasmatica riducendo il numero e le dimensioni dei cristalli di ghiaccio intracellulari che altrimenti danneggerebbero la membrana e gli organuli cellulari e proteggendo le cellule dalla disidratazione.

L’utilizzo del DMSO a concentrazione pari al 10% del volume della sospensione cellulare garantisce una buona conservazione delle cellule staminali e un effetto tossico contenuto nei pazienti sottoposti a reinfusione. Le CSE correttamente criopreservate possono essere utilizzate in qualsiasi momento dopo scongelamento e rimangono integre e vitali anche per lunghi periodi (es. 10-15 anni).

Condizionamento

Il condizionamento consiste nella somministrazione di chemioterapia ± radioterapia a dosaggi sovramassimali nei giorni prima dell’infusione delle CSE. Il condizionamento, se da una parte ha l’obiettivo di “preparare” il midollo osseo del paziente a ricevere le CSE, ma ha come principale obiettivo quello di cercare l’eradicazione della quota di malattia che è ancora presente, basandosi sul principio dell’elevata chemio- e radiosensibilità delle neoplasie ematologiche. I principali schemi di condizionamento usati nel trapianto autologo di CSE sono i seguenti (per convenzione il giorno dell’infusione è indicato come giorno 0):

  • BU-CY (busulfano dal giorno -7 al giorno -4, ciclofosfamide giorni -3 e -2);

  • BEAM (carmustina giorno -7, citarabina ed etoposide dal giorno -6 al giorno -3, melfalan giorno -2);

  • FEAM (fotemustina giorno -7, citarabina ed etoposide dal giorno -6 al giorno -3, melfalan giorno -2);

  • MEL200 (melfalan giorno -2);

  • CY-TBI (ciclofosfamide giorni -6 e -5, total body irradation dal giorno -3 al giorno -1);

Reinfusione di cse

Al termine della terapia di condizionamento, dopo un tempo sufficiente per eliminare dal circolo ematico i metaboliti dei farmaci somministrati, le sacche di CSE devono essere scongelate e reinfuse al paziente attraverso un catetere venoso centrale o, in alternativa, da una vena periferica di grosso calibro.Generalmente, il processo avviene in prossimità della stanza di degenza del paziente, immergendo la sacca in un bagno termostatico in cui l’acqua distillata è mantenuta a 37 °C.La sacca viene mantenuta nel bagno termostatico fino alla scomparsa di tutti i cristalli di ghiaccio. La reinfusione delle CSE dovrebbe avvenire il più rapidamente possibile dopo lo scongelamento e, comunque, non oltre i 45 minuti dallo stesso.Le problematiche relative all’infusione sono correlate agli effetti tossici del DMSO contenuto nelle sacche. Nella maggior parte dei casi il paziente avvertirà delle vampate di calore, nausea, secchezza delle fauci e un “cattivo” sapore, che ricorda l’aglio.In rari casi si possono avere degli effetti collaterali più importanti come brivido, febbre, insufficienza respiratoria, abbassamento dei valori pressori.

Attecchimento

La somministrazione della chemio- e/o radioterapia di condizionamento comporta la cosiddetta “fase di aplasia”, cioè determina una drastica riduzione delle difese immunitarie del paziente (abbassamento del valore dei globuli bianchi, delle piastrine e dell’emoglobina), che lo espone a un elevato rischio di infezioni e di emorragie anche fatali. L’aplasia midollare termina quando le CSE infuse, in grado da sole di trovare la strada per colonizzare le cavità midollari vuote, cominciano a proliferare, maturano e si differenziano in globuli bianchi, piastrine e globuli rossi.

La durata della fase di aplasia midollare è variabile e dipende dall’intensità del condizionamento, dal numero di CSE infuse e dallo stato della malattia al trapianto. Durante tale fase sono spesso necessarie trasfusioni di emazie e piastrine. Fattori di crescita granulocitari sono poi utilizzati per ridurre la durata dell’aplasia. Alla fase di aplasia segue il cosiddetto “attecchimento”, cioè la fase di recupero ematologico con salita dei valori dei globuli bianchi e delle piastrine, che si verifica generalmente dopo 10-15 giorni dal trapianto.

Si definisce attecchimento in neutrofili e/o in piastrine il raggiungimento di valori di granulociti neutrofili superiori a 500/mm3, e/o di piastrine superiori a 20.000/mm3 per almeno tre giorni consecutivi. Fino a quando l’attecchimento non è completo il paziente è però a rischio di infezioni ed emorragie e quindi necessita di un controllo particolarmente attento. Dopo la dimissione la ripresa midollare e periferica continua e sono generalmente necessari 6 mesi o più per avere una completa ricostituzione immunitaria.

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Trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (CSE)

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Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (cse): tossicità

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