Terapia del dolore: un ospedale senza dolore

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Un ospedale senza dolore

La nuova concezione di Ospedale, oggi, deve orientarsi verso l’umanizzazione delle cure in una sanità sempre più tecnologicamente avanzata in cui diventano imprescindibili qualità della degenza, le relazioni con il paziente, il processo di cura e la presa in carico del cittadino al centro di ogni intervento sanitario ed assistenziale. L’Ospedale senza dolore costituisce l’espressione più alta di questa nuova concezione, che deve diventare patrimonio dei nostri quotidiani comportamenti.   Promotore dell’Ospedale senza dolore fu l’anestesista italo-americano John Bonica che negli anni ’50 fondò una clinica dove veniva praticata in modo sistematico la terapia del dolore nelle forme acute ed in quelle croniche costituendo un passo avanti nel campo assistenziale, sia dal punto di vista etico che scientifico. L’Ospedale senza dolore dei nostri giorni nasce nel 1992 in Canada allo scopo di modificare le attitudini e il comportamento dei sanitari e dei malati ricoverati sostenuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In Italia si diffonde nei primi ospedali alla fine degli anni ’90, ispirato ad analoghi progetti internazionali, allo scopo di migliorare il processo assistenziale rivolto al controllo del dolore, ed è inserito nel più vasto programma HPH - “Health Promoting Hospital” (Ospedale per la Promozione della Salute). In seguito molti ospedali vi hanno aderito e, nel 2001,sono state presentate le Linee Guida per la realizzazione del progetto “Ospedale senza dolore” che comprendono gli interventi, le tempistiche e le modalità necessarie per controllare il dolore e le sofferenze evitabili (Accordo tra Ministero della Sanità, le regioni e le province autonome Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29-06-2001). Nonostante iniziative anche legislative, come la facilitazione per la prescrizione degli analgesici oppiacei, ancora oggi si registra un’enorme differenza tra l'Italia e altri paesi europei od il Nord America, circa il consumo di morfina il cui maggiore impiego è uno degli obiettivi dell’Ospedale senza dolore.   Con la lentezza che caratterizza tutti i mutamenti culturali è comunque incoraggiante il cambiamento che si avverte anche nel nostro paese. In alcuni ospedali il progetto è riuscito a dare un impulso al trattamento del dolore. Si tratta però di una implementazione che non ha riguardato la gran parte degli ospedale italiani. Il dolore che si accompagna alla malattia è spesso evitabile, “non è una fatalità”. Si può trattare e ridurre in diversa maniera, pertanto i sanitari devono prodigarsi per lenirlo. Finalità specifica delle Linee Guida è quella di aumentare l’attenzione del personale coinvolto nei processi assistenziali nelle strutture sanitarie italiane affinché vengano messe in atto tutte le misure possibili per contrastare il dolore, indipendentemente dalla sua tipologia , dalle cause che lo originano e dal contesto di cura. Ciò implica che la rilevazione del dolore e la sua valutazione venga annotata costantemente in cartella clinica, al pari di altri segni vitali quali la frequenza cardiaca, la temperatura corporea, la pressione arteriosa, fondamentali nella valutazione clinica della persona. In questo senso l’“Ospedale senza dolore” non è un’utopia. La moderna medicina ha fatto notevoli progressi sulla cura del dolore imparando a distinguere e trattare in modo specifico i diversi tipi di dolore. Diminuire il dolore fisico consente alla persona di trovare o ritrovare quelle energie utili ad affrontare la malattia con la certezza o la speranza della guarigione anche quando essa non è più raggiungibile e comunque il diritto di ridurre il dolore negli ultimi periodi della propria vita deve essere garantito a tutti. Come non applicare questi principi proprio in ospedale, nel luogo della cura per eccellenza? Sappiamo che non è facile combattere i falsi pregiudizi che ancora accompagnano la cura del dolore, come la paura nell‘utilizzare gli oppiacei (morfina o sostanze simili) per l’eventuale insorgenza di dipendenza, anche se dimostrato che non è vero. La dimensione sociale dell’ospedale, quale sempre di più si dimostra oggi, riconosce la necessità di una maggior integrazione con il territorio, allargando gli orizzonti del progetto Ospedale senza dolore verso la continuità assistenziale, ovvero nelle strutture più vicine alla casa del malato. Dall’Ospedale al territorio, senza dolore. E’ questo il nuovo traguardo da raggiungere.

Dott.ssa Adriana Paolicchi Responsabile Comitato Ospedale senza Dolore Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa

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