Interviste per il prof. Mandelli

Il prof. Mandelli attraverso le parole di coloro che l'hanno conosciuto

Indice dei contenuti

Intervento del presidente Mattarella
Il ricordo del Prof. Amadori
Il ricordo del Prof. Martelli
Il ricordo del Prof. Tura

Intervento del presidente Mattarella

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA CELEBRATIVA DEI 50 ANNI DI ATTIVITÀ DELL’AIL

Palazzo del Quirinale, 21/06/2019

(...) Questi cinquant’anni sono una ricorrenza importante; si affiancano a una ricorrenza che ci fa ricordare un anno dalla scomparsa del Professor Franco Mandelli, con grande rimpianto e grande riconoscenza per quel che ha fatto.
Ho avuto il privilegio di conoscerlo e di frequentarlo. Avevo occasioni di collaborazione quando ero molti anni fa al governo, e ogni incontro con lui è stata sempre un’occasione per registrarne
rigore scientifico, serietà di impegno e grande carica di umanità sempre accompagnata da ottimismo e speranza
È stato un grande maestro nella Ricerca, nel contributo che ha fornito alla scienza, nell’individuazione di metodologie di cura per leucemie e linfomi, nella capacità di informare e sensibilizzare la pubblica opinione, nella capacità di organizzare.
La presenza di AIL, che festeggia cinquant’anni, sono la prosecuzione e l’espressione dell’impegno che il Professor Mandelli ha sempre immesso nella sua attività e nella sua dedizione, sempre
ponendo al centro la persona del paziente. Non posso dimenticare la grande capacità che aveva - per quello che so, con ogni paziente - di dialogare con i familiari, di incoraggiarli, di dare speranze. Mettere la persona al centro è ciò che ha animato tutte le realizzazioni che sono state compiute.
(...) È stato detto poc’anzi che ci manca e ci mancherà la sua presenza. Ma non ci manca il suo
insegnamento, quel che ha seminato, quel che ha realizzato e quello che continua grazie ad AIL.
Davvero tengo a dire che la Repubblica vi è grata, perché questo versante di patologie, che erano così drammaticamente sconvolgenti per qualunque paziente a cui fossero diagnosticate, è diventato un sentiero di speranza nella gran parte dei casi. Questo è merito della scienza, del Professor Mandelli, di tanti scienziati, docenti e medici; è merito anche dei volontari e di quanto AIL compie ogni giorno.
Grazie per quello che fate e auguri.

Il ricordo del Prof. Amadori

HO PASSATO 50 ANNI AL FIANCO DEL PROFESSORE, CHE MI HA INSEGNATO A NON ARRENDERMI MAI, ANCHE DI FRONTE ALLE SFIDE PIÙ DIFFICILI.

Franco Mandelli ci ha lasciato una grande eredità: l’energia positiva di un'Associazione sana e forte, la soddisfazione dei risultati raggiunti e l’ambizione di raggiungerne di nuovi.

L’Italia e tutto il mondo scientifico hanno perduto un anno fa un grande scienziato e una persona meravigliosa. Ho conosciuto il Professor Franco Mandelli nel 1967 e da allora i miei 51 anni di carriera sono legati a lui: dalle prime lezioni all’università Sapienza di Roma, alla Specializzazione, dai primi passi nel reparto di Ematologia al Policlinico Umberto I, alla mia nomina a professore ordinario a Tor Vergata, da quella a Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia della stessa università, fino alla presidenza dell’AIL.

Ovunque, il sorriso e la spinta del Prof. Mandelli mi hanno accompagnato nelle scelte più difficili, nelle sfide più affascinanti e sono convinto che il suo insegnamento e il suo esempio costituiranno ancora per me una motivazione speciale. Per questo, quando mi venne proposto di prendere il suo posto alla guida dell’AIL, avevo l’obbligo di raccogliere il testimone e proseguire la corsa, come in una staffetta, il cui traguardo è la vita, il miglioramento delle condizioni del malato, la ricerca di nuove e rivoluzionarie terapie, la valorizzazione di nuovi giovani scienziati che sappiano proseguire il grandissimo lavoro che il Professore e altri colleghi hanno portato avanti.

Ci manca e ci mancherà il Prof. Mandelli. Ci manca la sua concretezza, la sua convinzione, la sua capacità di aggregazione, il suo saper fare squadra. Ci manca il suo sorriso e anche il suo carattere, a volte spigoloso. Ci manca la sua determinazione e il suo governo del “fare” a dispetto di burocrazia e lungaggini, la sua rete di relazioni, il suo saper raggiungere un obiettivo a qualsiasi costo alternando sapientemente bastone e carota, decisionismo e diplomazia. Ci manca tutto questo ma siamo convinti che, avendo lavorato con lui 50 anni gomito a gomito - e con me i tanti che hanno tirato su questa formidabile Associazione che è l’AIL - molto abbiamo imparato e sapremo far tesoro dell’energia positiva che il Prof. continuerà a trasmetterci.

È l’energia positiva di un'Associazione sana, è quella delle migliaia di volontari che ogni giorno dedicano tempo ed energia all’AIL, è la soddisfazione dei risultati raggiunti e l’ambizione per quelli che raggiungeremo.

Il ricordo del Prof. Martelli

LA PIÙ GRANDE LEZIONE CHE HO RICEVUTO DAL PROF. È STATA QUELLA DI NON DIRE MAI “È IMPOSSIBILE”.

Franco Mandelli 30 anni fa aveva capito l'importanza di mettere in comunicazione i centri ematologici italiani per offrire a tutti le cure migliori. Era un innovatore.

Il Prof. Mandelli ha avuto delle intuizioni che ancora oggi sono alla base della sperimentazione clinica moderna. Già 30 anni fa aveva capito che le ricerche non si potevano portare avanti in un singolo istituto, ma che era necessario creare un gruppo cooperativo nazionale. Per questo ha fondato il GIMEMA, che dal 1982 ad oggi è riuscito a mettere in rete 140 centri ematologici in Italia rendendo disponibile in tutti gli istituti le stesse terapie e gli stessi protocolli. Questo ha portato a due risultati importanti: la possibilità per i pazienti di curarsi al meglio a prescindere dalla città in cui vivono e la disponibilità in tutti i centri di Italia di terapie assolutamente all’avanguardia.

Se il Professore è riuscito a realizzare progetti tanto importanti è perché era prima di tutto un sognatore. La più grande lezione che mi ha insegnato è stata quella di non dire mai “è impossibile”, perché con la caparbietà e la dedizione tutto, o quasi, si può realizzare. Questo è ciò che cerco di far capire oggi ai giovani che lavorano da noi: le cose non accadono spontaneamente, bisogna essere il motore del cambiamento, credere nella propria missione e realizzarla al meglio, senza fermarsi mai.

E il Professore era uno di quegli uomini che non si prendeva mai una pausa. Ricordo un episodio in particolare. Le nevicate a Roma sono molto rare, ma quando arrivano il disagio diventa enorme. Era il mattino dell’8 gennaio 1985 e la città si svegliò dopo un’abbondante imbiancata notturna. Tutto era già paralizzato, compresi i trasporti. Al tempo frequentavo come specializzando l’Istituto di Ematologia diretto dal Prof. e il nostro orario di arrivo in reparto al mattino era stabilito alle 7.30, non più tardi.

Non era possibile né pensabile restare a casa, quindi decisi di scendere in strada per raggiungere la mia macchina già semicoperta di neve. All’epoca avevo la mitica FIAT 500 L gialla. Quell’auto, grazie alla sua trazione e al motore posteriore, si rivelò molto più adatta sulla neve di altre. Con molta cautela, tra una sbandata e l’altra, dopo circa un’ora e mezzo riuscii a raggiungere l’istituto. Mi diressi con il mio cappello di lana e i doposci verso l’ingresso. Sulla porta trovai Mandelli: «Buongiorno Martelli, ti sembra questa l’ora di presentarsi? Sono le 10.30», mi disse. «Ma professore, Roma è paralizzata per la neve e sono riuscito per miracolo ad arrivare con la macchina», provai a replicare, e lui secco: «Secondo te bastano venti centimetri di neve per poter venire al lavoro in ritardo? Scommetto che quando vai a fare la settimana bianca, la neve non ti blocca più di tanto».

Come avesse fatto ad arrivare alle 7 anche in quel giorno di neve a Roma, rimarrà per me un mistero. Alcuni miei colleghi si presentarono ancora più tardi e qualcuno non arrivò per nulla. Tutti gli assenti di quell’8 gennaio 1985 furono convocati l’indomani per un colloquio privato nello studio del professore. Nessuno ha mai osato chiedere cosa abbia veramente detto loro…

Il ricordo del Prof. Tura

L’UOMO MANDELLI È STATO ANCORA PIÙ GRANDE DELL’EMATOLOGO.

Non ha mai atteso riconoscimenti, pur avendone ricevuti tanti, perché ciò che riusciva a realizzare lo sentiva come il più bel compenso per il suo operato.

L’Ematologia italiana ha radici molto lontane: Adolfo Ferrata (1880-1946) è stato il vero “ostetrico” dell’ematologia nel mondo.

Se la domanda è mirata a conoscere quando l’Ematologia è diventata materia di insegnamento nelle facoltà mediche, le rispondo nel 1968. Completo la risposta scrivendole che l’ematologia come divisione ospedaliera è “nata” prima di quella universitaria.

Franco Mandelli alla fine degli anni ‘60 costruì prima l’Ematologia all’Università di Parma, poi dopo quella dell’Università La Sapienza di Roma. Da quest’ultima cattedra ha diretto l’orchestra “ematologica italiana” ed è stato ambasciatore di quest’ultima nel mondo.

L’“Uomo” Mandelli è stato ancora più grande dell’Ematologo. Ha preso per mano l’AIL, alla fine degli anni ‘80, una struttura che si occupa del paziente emopatico e dei suoi familiari e ne ha fatto un’Associazione con oltre ottanta sezioni provinciali.

Franco Mandelli non ha mai atteso riconoscimenti, pur avendone ricevuti tanti, perché ciò che riusciva a realizzare lo sentiva come il più bel compenso per il suo operato.

L’Uomo era tanto stimato che a Roma nessuna porta rimaneva chiusa quando Lui bussava e non temeva di assumere vesti da elemosiniere perché la stima che Lui godeva lo teneva al riparo da qualsiasi dubbio.

Quanto ho scritto io l’ho vissuto: sono stato testimone del suo operato e da Credente sono certo che il Signore lo ha accolto tra i Suoi figli migliori.

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