Il ricordo dei pazienti e dei volontari per il Prof. Mandelli

Il prof. Mandelli attraverso le parole di coloro che l'hanno conosciuto

Indice dei contenuti

Il ricordo di Anna - Volontaria
Il ricordo di Daniel - Volontario
Il ricordo di Patrizia - Volontaria
Il ricordo di Giada - Paziente
Il ricordo di Odoardo - Paziente
Il ricordo di Patrizia - Paziente

Il ricordo di Anna - Volontaria

NOI VOLONTARI AIL SIAMO ONORATI D’AVER PRESO PARTE A TUTTO QUESTO E LE SIAMO GRATI PER QUANTO HA FATTO PER L'INTERA UMANITÀ.

Ci siamo conosciuti nel 1996 quando purtroppo mio fratello è stato colpito da un tumore ematologico. Da quel giorno non ci siamo mai lasciati, e oggi il Suo ricordo continua a vivere dentro ognuno di noi.

Carissimo Prof. Mandelli,

ci siamo conosciuti nel 1996 quando purtroppo mio fratello è stato colpito da un tumore ematologico.

Lo accompagnavo la mattina presto in ospedale per fare l’emocromo e dopo il prelievo Lei ci offriva una deliziosa crostata fatta in casa e mi diceva: “Mangia, sei troppo magra!”. In quei giorni eravamo spaventati e confusi, ma sempre consapevoli di essere capitati nelle mani giuste.

Sono diventata da subito una volontaria AIL ed ancora oggi collaboro con molto entusiasmo e dedizione.

Spero Lei stia bene lassù e possa aiutarci nelle scelte come ha fatto sempre quaggiù!

I Suoi traguardi, i Suoi successi e tutte le iniziative di raccolta fondi dell’Associazione, hanno portato a grandissimi risultati nell’ambito della ricerca e dell’assistenza e tutto il mondo riconosce il ruolo che ha ricoperto nella lotta contro i tumori del sangue.

Noi volontari siamo onorati d’aver preso parte a tutto questo e Le siamo grati per quanto ha fatto per l'intera umanità.

Ricordo quando passava a trovarci a piazza San Lorenzo in Lucina a Roma, durante le manifestazioni di piazza, e di come era bello vederLa coinvolgere i passanti a sposare la causa dell’AIL; oppure quando mi sgridava perché mi tovava a fumare una sigaretta e dopo qualche minuto già mi aveva perdonata. Il Suo era un cuore grande.

Le siamo riconoscenti per l’impegno che ha messo soprattutto nella cura delle malattie che coinvolgono i più piccoli, continueremo a lavorare con e per Lei sempre, per far sì che il Suo sogno, e cioè un “mondo senza cancro”, diventi realtà al più presto.

Il suo ricordo continua a vivere dentro ognuno di noi.

Un abbraccio affettuosissimo

Anna

Il ricordo di Daniel - Volontario

HO INIZIATO COME VOLONTARIO PERCHÉ PENSO CHE AIL SIA IN GRADO DI GENERARE FORZA E VALORE E DI COLMARE LE CARENZE DELL’SSN

Il Professore si faceva carico del paziente a 360°, concentrandosi non solo sulle cure, ma anche sul supporto psicologico alla persona e alla famiglia. Per questa Sua modalità di approcciarsi alla malattia lo considero come un vero precursore, ha fatto si che la sua intuizione divenisse il fulcro di AIL e del suo operare.

La mia storia in AIL inizia da volontario. Pur non avendo avuto un’esperienza diretta o indiretta della malattia ho sempre pensato che l’Associazione fosse una realtà valida, che valesse la pena sostenere. Così, assieme ad alcuni ragazzi che seguivo per lavoro, abbiamo iniziato a partecipare alle campagne di piazza, Uova di Pasqua e Stelle di Natale. Con i fondi raccolti andai dal primario del reparto ematologico della mia città, Verona, per capire come investire il denaro raccolto. E lui, mi disse subito: “Perché non creiamo una sezione AIL anche qui da noi?”.

Sono entrato nell’Associazione nel 1995 fondando la Sezione a Verona e in seguito fui invitato ad un’assemblea dei soci in cui era presente anche il Prof. Mandelli. Fu così che lo incontrai per la prima volta. Mi colpì da subito il suo carisma, la sua grande professionalità e la dedizione totale alla causa che aveva sposato: aiutare i pazienti. Ricordo che durante l’assemblea ricevette due o tre chiamate, rispose al telefono anche in quella circostanza, perché per i malati era sempre presente e reperibile.

In questo approccio alla malattia il Prof. è stato un vero precursore e ha portato questa intuizione in AIL. Per questo l’Associazione è diventata un punto di riferimento molto importante per il Servizio Sanitario Nazionale e per l’Ematologia italiana, offendo dei servizi, come l’Assistenza Domiciliare o il sostegno ai reparti, che aiutano concretamente a migliorare la qualità di vita dei pazienti e l’assistenza offerta.

Anche la decisione di aprire sezioni locali in tutta Italia, ha ulteriormente migliorato le prestazioni offerte sul territorio. Il presidio in loco, infatti, permette di entrare in contatto in modo non superficiale con le necessità dei pazienti e dei reparti di ematologia, agendo in maniera repentina ed efficiente. Le sezioni vivono quello che vivono i pazienti, i familiari e gli operatori sanitari e questo ci dà una marcia in più. La cosa che bisogna però ricordarsi sempre è che il locale deve armonizzarsi con il nazionale, perché solo così i progetti di alto respiro potranno continuare a crescere e a svilupparsi.

L’Eredità di Mandelli è sotto gli occhi di tutti e solo una persona determinata come lui poteva creare qualcosa di così grande. Il suo carattere forte ci ha portato anche ad avere dei diverbi, ma ho sempre apprezzato la sua maturità nel superare le divergenze e il suo essere sempre presente quando c’erano delle difficoltà, anche personali. Sapeva veramente stare vicino alle persone.

Il ricordo di Patrizia - Volontaria

GRAZIE AL PROF HO CAPITO CHE DEDICARSI AGLI ALTRI È LA MEDICINA PIÙ POTENTE

A 30 anni non riuscivo a darmi una giustificazione per la tragedia che stavo vivendo. Il prof. Mandelli non solo mi ha salvato dalla malattia, ma mi ha suggerito la cura più potente per dimenticare il dolore e la sofferenza: il volontariato.

Quando mi sono ammalata avevo solo 33 anni e una figlia di tre, che volevo vedere crescere a tutti i costi. Mi era stato diagnosticato un Linfoma Non Hodgkin aggressivo e secondo i medici avevo solo 3 mesi di vita. Io non potevo permettermi di morire e ho deciso di attingere a tutte le mie forze per farcela.

Ero in cura a Roma e su suggerimento di mio marito ho deciso di andare dal Prof. Franco Mandelli. L’appuntamento con il Professore è stato il più importante della mia vita perché mi ha salvato da una fine che sembrava certa. Andai in visita da lui e mi auscultò con l’orecchio, come un medico di un tempo, senza usare il fonendoscopio. Questo gesto di affetto e comprensione me lo ricordo ancora nitidamente.

Mi disse: “La Sua situazione è drammatica, ma se la sentirebbe di fare un intervento?”. Era un approccio nuovo e per la prima volta ero fiduciosa perché sentivo che potevo totalmente fidarmi di lui. Per me, per salvarmi la vita, Mandelli stravolse i protocolli di cura e, anche se il percorso è stato durissimo, mi ha fatto nascere una seconda volta.

Durante le terapie il Prof. mi ha tenuto sempre la mano perché il paziente doveva essere sempre al centro. Quando ero ricoverata, ad esempio, si accorse di un infermiere della sala prelievi che non salutava i pazienti alla mattina. Si arrabbiò molto e gli disse che quello non era il posto per lui perché dal sorriso e dalle attenzioni di chi li circonda i malati traggono forza e coraggio. Era una cosa che ripeteva spesso.

Ma non solo Franco Mandelli mi permise di guarire, mi diede anche un’altra importante opportunità. Nel combattere la malattia ero molto determinata e allora il Prof. mi ha proposto di entrare a far parte della famiglia AIL e fondare una Sezione a Viterbo. Nello stesso momento in cui me lo ha chiesto ho risposto: “Io sopravvivrò perché voglio prendermi questo impegno”. A 30 anni non riuscivo a darmi una giustificazione per la tragedia che stavo vivendo e la prospettiva di creare una sezione e aiutare altri pazienti diede improvvisamente un senso a tutto.

Quando sono uscita dal tunnel delle terapie, ho iniziato subito ad impegnarmi per altri pazienti e grazie a questa importante attività è come se mi fossi dimenticata della malattia. A volte basta un odore, un’immagine a rievocare quel periodo, ma è solo un flash. Dedicarmi agli altri mi ha dato la forza di chiudere quella porta e aprirne di nuove.

Quando è scomparso il Prof. Mandelli lo scorso luglio è come se fosse morto mio padre, per la prima volta dopo tempo mi è sembrato di dover camminare da sola. Poi mi sono detta che le gli uomini come lui non muoiono mai perché continuano ad esistere nella vita delle persone che hanno salvato.

Il ricordo di Giada - Paziente

CARO PROFESSORE, PER SEMPRE NEL CUORE, PER SEMPRE GRAZIE

Mi sono ammalata quando ero molto piccola, ma di quel periodo ricordo nitidamente l'affetto e le cure ricevute da medici, infermieri e volontari AIL.

Ho avuto una Leucemia Linfoide Acuta quando avevo 3 anni e mezzo. Era il 1981.

Del periodo in cui sono stata male ho molti ricordi, il dolore, l’incertezza, la paura, la fragilità fisica ed emotiva, la sensazione di sentirmi diversa dagli altri bambini.

Ma ricordo anche la bravura, la sensibilità, la dolcezza ed il calore dei medici, degli infermieri e dei volontari che mi stavano vicino, persone eccezionali. Sono stati anni difficili, per me e per la mia famiglia ma ne sono, ne siamo usciti sicuramente più forti.

La cosa più importante che vorrei trasmettere tramite questa mia piccola testimonianza è che si può guarire e stare bene.

Oggi ho 42 anni, un marito e due bambini meravigliosi che sono la mia vita.

Il mio pensiero va al Professor Franco Mandelli, un uomo straordinario che ha dedicato tutta la sua esistenza alla lotta per la vita senza arrendersi mai.

“Caro Professore, per sempre nel cuore, per sempre Grazie.”

Il ricordo di Odoardo - Paziente

SE OGGI SONO QUI LO DEVO ALLA TESTARDAGGINE DEL PROF. MANDELLI, CHE CON ME NON SI È ARRESO

La medicina è la cura della malattia, AIL è una risposta alle esigenze, anche emotive, dei pazienti. Questa è la grande eredità che ci ha lasciato il prof. Mandelli: il cuore che l’Associazione e i suoi volontari mettono in tutto ciò che fanno.

Quando ho incontrato il professor Mandelli avevo 5 anni. Da tempo mi sentivo stanco e avevo una febbretta che non passava mai e dopo un primo emocromo la situazione apparve subito critica. Avevo una Leucemia Linfoide Acuta molto aggressiva e i miei genitori non ebbero dubbi: dovevamo andare dal Professor Mandelli.

Il Prof. prese subito in mano la situazione iniziando le terapie ma la malattia ben presto si ripresentò, in maniera significativa. Mi ricordo che telefonò personalmente a due centri di eccellenza, uno a Parigi e uno a Memphis, istituti di riferimento per la cura delle leucemie infantili. Ma per gli esperti non avevo possibilità, si poteva solo cercare di non farmi soffrire e farmi tornare a casa.

Il Professore però non si arrese e tentò di tutto per salvarmi la vita. Le cure erano molto impegnative per un bambino della mia età eppure, anche in una situazione così difficile, mi sono sempre sentito fiducioso, circondato dalle coccole del personale e dei volontari AIL. Mi sembrava addirittura di non poter iniziare la giornata senza il saluto del Professore che ogni mattina entrava nella mia stanza per dirmi qualche parola di incoraggiamento. La sua testardaggine alla fine mi ha salvato la vita e sono stato uno dei primi pazienti al mondo a guarire dopo una recidiva così importante.

Dopo questo primo risultato, così importante, il Prof. Mandelli ha continuato a seguirmi fino ai miei 18 anni. È stato allora che, entrando nel suo studio, mi ha detto. “Sciò, esci di qua che non voglio più vederti”. La mia prima reazione fu lo shock. Non avevo più l’affetto e le attenzioni di Mandelli, del suo staff, dei suoi volontari, iniziava la mia avventura da adulto e dovevo camminare da solo.

A rendere tanto speciale il professore e l’AIL, infatti, non era solo la qualità delle cure offerte. La medicina è la cura della malattia, ma AIL è anche una risposta alle esigenze emotive dei pazienti. Mandelli si era reso conto che la patologia coinvolgeva tutta la famiglia e che curare significava prima di tutto prendersi cura.

Oggi a 51 anni, non ho avuto più ricadute e ho un figlio bellissimo, che è una delle grandi gioie della mia vita. E se ci sono lo devo innanzi tutto al Professore, che con me, come con altri pazienti, non si è arreso.

Il ricordo di Patrizia - Paziente

SONO STATA LA SECONDA PAZIENTE AL MONDO TRATTATA CON CHEMIOTERAPIA DURANTE LA GRAVIDANZA. IL PROFESSORE HA SALVATO ME E ANCHE LA MIA BAMBINA.

Mandelli non aveva la saccenza dei grandi professori, si ricordava sempre di avere di fronte prima di tutto una persona. Veniva trovarmi ogni mattina in reparto e io ero tranquilla, perché sapevo di essere in buone mani.

Ero incinta, al sesto mese di gravidanza, quando nel corso dei controlli di routine il medico ha visto dei lividi sospetti sul mio corpo. Vista la mia situazione particolare, mi hanno subito consigliato di rivolgermi al Prof. Franco Mandelli che da quel momento è diventato il mio angelo custode. La diagnosi fu uno shock: Leucemia Acuta Promielocitica. Fin dall’inizio il Professore mi disse che la priorità era salvare la mia vita ma che avrebbe fatto il possibile anche per la mia bambina. E così è stato.

Quest’anno mia figlia compie 18 anni, è in ottima salute, come me del resto, e se oggi sono qui a raccontarlo è solo grazie al professor Mandelli e al suo staff: sono stata la seconda paziente al mondo trattata con chemioterapia durante la gravidanza. Quando mi hanno ricoverata era chiaro che la situazione era critica ma il Professore aveva saputo che un’altra paziente, mi pare in Sud America, era stata trattata con farmaci chemioterapici mentre era incinta ed era andata in remissione senza ripercussioni sulla vita del feto. Quindi hanno fatto questo tentativo anche con me, un tentativo vincente.

Ma Mandelli non era solo un grande medico, come dimostra la mia guarigione e l’esito della mia gravidanza. Era anche e prima di tutto un grande uomo, attento alle emozioni e ai sentimenti di chi viene investito da una tragedia così grande come un tumore del sangue. Non aveva quel distacco e quella saccenza dei grandi luminari. Passava ogni mattina a salutarmi in reparto, mi rassicurava e io avevo la certezza di essere nel posto giusto, di poter stare tranquilla perché avrebbe fatto tutto il possibile per vincere la battaglia.

Mi ricordo che quando nacque la mia bambina venne a trovarmi e mi disse: “La devi chiamare Benedetta!” Era tipico di lui entrare così in profondità nella vita delle persone. Ma io dissi che avevo già deciso, che dopo tutto quello che avevo passato volevo darle il nome scelto da me. E Mia figlia si chiama Angelica.

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